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Pfas e altri inquinanti nella polvere della Stazione spaziale

I dati aiuteranno a progettare i futuri veicoli per lo spazio

La Stazione Spaziale Internazionale (fonte: ESA, da Wikipedia)

Redazione Ansa

La Stazione Spaziale Internazionale è la casa degli astronauti in orbita, ma l'aria che si respira a bordo è un po' meno pulita di quella delle nostre abitazioni terrestri: lo dimostrano i contaminanti trovati nelle polveri catturate dai filtri dell'aria a bordo. I risultati, utili a migliorare la progettazione e la realizzazione dei veicoli spaziali del futuro, sono pubblicati sulla rivista Environmental Science and Technology Letters dai ricercatori dell'Università di Birmingham e del Glenn Research Center della Nasa.

Le analisi della polvere della Iss hanno rivelato la presenza di sostanze come gli eteri di difenile polibromurati (Pbde), l'esabromociclododecano (Hbcdd), i nuovi ritardanti di fiamma bromurati (Bfr), gli esteri organofosfati (Ope), ma anche di idrocarburi policiclici aromatici (Pah), sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) e bifenili policlorurati (Pcb).

I Bfr e gli Ope sono usati in molti Paesi per soddisfare le normative antincendio in apparecchiature elettriche ed elettroniche, isolamento degli edifici, tessuti per mobili e schiume. I Pah sono presenti nei combustibili idrocarburi e vengono emessi dai processi di combustione. I Pcb sono stati usati nei sigillanti per edifici e finestre e nelle apparecchiature elettriche come fluidi dielettrici. I Pfas sono stati impiegati in applicazioni come agenti antimacchia per tessuti e abbigliamento. Alcune di queste sostanze sono classificate come inquinanti organici persistenti, mentre altre hanno un potenziale cancerogeno.

"Sebbene le concentrazioni di contaminanti organici scoperti nella polvere della Iss abbiano spesso superato i valori medi trovati nelle case e in altri ambienti chiusi di Stati Uniti ed Europa occidentale, i livelli di questi composti sono generalmente compresi in un intervallo che si trova anche sulla Terra", commenta Stuart Harrad dell'Università di Birmingham. "Le nostre scoperte hanno implicazioni per le stazioni spaziali e gli habitat del futuro, dove - conclude - potrebbe essere possibile escludere molte fonti di contaminanti mediante attente scelte dei materiali nelle prime fasi di progettazione e costruzione" .

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