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Il telescopio Webb vede due galassie all'alba del cosmo VIDEO

Lo studio internazionale guidato dall'Italia con Inaf

Due delle più antiche galassie, viste dal telescopio Webb. Sono entrambe ai margini dell'ammasso Abell 2744 (fonte: NASA, ESA, CSA, Tommaso Treu (UCLA); Image Processing: Zolt G. Levay/STScI)

Redazione Ansa

Si leva finalmente il sipario sull'alba del cosmo grazie al nuovo telescopio James Webb (JWST) delle agenzie spaziali di Stati Uniti (Nasa), Europa (Esa) e Canada (Csa): nelle sue prime osservazioni scientifiche ha infatti immortalato due galassie tra le primissime dell'universo primordiale, tra 350 e 450 milioni di anni dopo il Big Bang. Lo conferma lo studio di un team internazionale guidato dall'Italia, con l'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf). I risultati sono pubblicati su The Astrophysical Journal Letters. Alla collaborazione internazionale hanno partecipato anche ricercatori dello Space Science Data Center dell'Agenzia Spaziale Italiana (Asi), dell'Università di Ferrara e della Statale di Milano.

Le due galassie, tra le più antiche mai osservate finora, sono state individuate grazie alle osservazioni del lontanissimo ammasso di galassie Abell 2744 e di due regioni del cielo ad esso adiacenti, realizzate dal potente telescopio spaziale tra il 28 e il 29 giugno 2022 nell'ambito del progetto Glass-Jwst Early Release Science Program.

"C'era molta curiosità nel vedere finalmente cosa Jwst poteva dirci sull'alba cosmica, oltre naturalmente al desiderio e all'ambizione di essere i primi a mostrare alla comunità scientifica i risultati ottenuti dalla nostra survey Glass", afferma Marco Castellano, ricercatore Inaf a Roma e primo autore dell'articolo. "Non è stato facile analizzare dei dati così nuovi in breve tempo: la collaborazione ha lavorato 7 giorni su 7 e in pratica 24 ore su 24 anche grazie al fatto di avere una partecipazione che copre tutti i fusi orari".

"Queste osservazioni sono rivoluzionarie: si è aperto un nuovo capitolo dell'astronomia, commenta Paola Santini, ricercatrice Inaf a Roma e coautrice del nuovo articolo. "Già dopo i primissimi giorni dall'inizio della raccolta dati, Jwst ha mostrato di essere in grado di svelare sorgenti astrofisiche in epoche ancora inesplorate".

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