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Venere investito da una seconda eruzione solare in pochi giorni

Tra le più potenti mai osservate dalla sonda Solar Orbiter dell’Esa

Redazione Ansa

Il pianeta Venere è stato investito, per la seconda volta nel giro di pochi giorni, da una gigantesca eruzione solare, un’esplosione di plasma e particelle cariche proveniente dalla parte più esterna dell’atmosfera solare. L’eruzione, verificatasi il 5 settembre, ha colpito anche la sonda Solar Orbiter, di Agenzia Spaziale Europea (Esa) e Nasa, ed è “tra le più potenti, se non addirittura la più potente in assoluto, da quando la sonda è stata lanciata nel 2020”, come ha dichiarato George Ho dell’università statunitense Johns Hopkins al sito SpaceWeather.com.

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L’evento del 5 settembre è stato catturato da una delle due sonde gemelle della missione Stereo della Nasa, che ha visto la nuvola di particelle cariche emergere da dietro la nostra stella (Fonte: NASA/STEREO)
Si ritiene che la fonte della potente eruzione sia la regione di macchie solari nota come AR3088, che ha attraversato il lato del Sole rivolto verso la Terra ad agosto, ed è probabilmente cresciuta dopo essere scomparsa alla vista. L’evento del 5 settembre è stato infatti catturato da una delle due sonde gemelle della missione Stereo della Nasa, lanciata nel 2006, che ha visto la nuvola di particelle cariche emergere da dietro la nostra stella. La prossima settimana la macchia solare sarà di nuovo rivolta verso il nostro pianeta, a causa della rotazione del Sole, quindi anche la Terra potrebbe essere investita da nuove eruzioni nel prossimo futuro.
Solar Orbiter, nella giornata del 4 settembre, era già stata colpita dal primo flusso di plasma e particelle cariche partito dal Sole il 30 agosto, poche ore prima del suo incontro ravvicinato con Venere. La sonda, infatti, deve effettuare diversi passaggi vicino al pianeta, in modo da sfruttarne la gravità per aggiustare la traiettoria e avvicinarsi ulteriormente al Sole di 4,5 milioni di chilometri. Anche stavolta Solar Orbiter non ha subito danni, nonostante il secondo evento sia stato più forte del primo di almeno un ordine di grandezza: soltanto la memoria della sonda mostra traccia del passaggio delle particelle cariche, con molte piccole interruzioni.
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