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Per 20 anni a caccia dell'acqua di Marte

Flamini, un'avventura cominciata nel 1997

Le impronte dell'acqua su Marte scoperte dal radar Marsis (fonte: Context map: NASA/Viking; THEMIS background: NASA/JPL-Caltech/Arizona State University; MARSIS data: ESA/NASA/JPL/ASI/Univ. Rome; R. Orosei et al 2018)

Redazione Ansa

La storia della scoperta dell'acqua marziana è cominciata nel 1997: è stato allora che in una riunione al Kennedy Space Center della Nasa, a Cape Canaveral, il gruppo di lavoro dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa) annunciava l'intenzione di promuovere una missione su Marte rapida e con costi contenuti. "In quell'occasione proponemmo di equipaggiare quella missione con un radar a bassa frequenza per cercare oceani di acqua liquida nel sottosuolo di Marte", ha detto all'ANSA Enrico Flamini, docente di Planetologia presso l'Università di Chieti-Pescara e responsabile di progetto dell'esperimento Marsis per l'Agenzia Spaziale Italiana (Asi). "Dalle missioni Viking in poi era evidente che su Marte ci fosse stata acqua in passato, che questa avesse lasciato le sue tracce sulla superficie del pianeta come ghiaccio e che buona parte fosse andata perduta con il vento solare", ha detto Flamini, che nel 1979 aveva scritto con Marcello Coradini, dell'Esa, l'articolo che commentava le possibilità aperte dai dati delle missioni Viking. "Quelle che allora sembravano ipotesi azzardatissime, oggi sembrano essere confermate", ha aggunto. "Se nella storia del pianeta c'era stata tanta acqua significava che Marte doveva avere avuto una storia non dissimile da quella della Terra e che l'acqua - ha aggiunto - poteva trovarsi in una cavità sotto la superficie".

Nonostante la missione ExoMars sia partita nel 2003, il radar Marsis è rimasto fermo per un anno perché simulazioni al computer indicavano che la sua antenna sembrava potersi aprire in modo rischioso per il satellite, con una sorta di effetto frusta. "Dopo un anno di analisi e simulazioni si dimostra che nessun danno può essere arrecato al satellite e si cominciano a prendere le misure". Tra queste, prosegue Flamini, alcune dal Polo Sud marziano mostravano "un segnale costante molto forte" e si decide di concentrare l'attenzione su quest'area, raccogliendo dati in stagioni diverse e in direzioni diverse. Quattro anni fa si comincia a scrivere l'articolo, risistemando i dati più volte fino ad arrivare alla pubblicazione su Science. Uno dei risultati più importanti di questa lunga esperienza è stato molto probabilmente, secondo Flamini, il metodo di ricerca che ha permesso di trovare l'acqua in altre aree di Marte: "potrebbe esserci acqua altrove, magari più vicina alla superfici. Abbiamo aperto una strada, il futuro lo vedranno i giovani".

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