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La più antica abbuffata nella pancia di un ittiosauro

La preda era lunga 4 metri, quasi quanto il predatore

Redazione Ansa

Sono i resti della più antica abbuffata mai documentata, quelli conservati nella pancia di un ittiosauro del Triassico ritrovato in Cina: poco prima di morire, 240 milioni di anni fa, l'antico rettile marino simile a un delfino di cinque metri sbranò e inghiottì un lucertolone marino lungo ben quattro metri.

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L'esemplare di Guizhouichthyosaurus che conserva nello stomaco i resti di una preda lunga 4 metri (fonte: R. Motani)

Questo suo ultimo pasto, considerato il più antico episodio di 'megapredazione' (quando cioè un grande animale preda un organismo di simili dimensioni) è descritto sulla rivista iScience da un gruppo internazionale di studiosi a cui partecipa anche Andrea Tintori, già professore di Paleontologia all'Università Statale di Milano.

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Ricostruzione dell'ultimo pasto dell'ittiosauro (fonte: Da-Yong Jiang, et al, iScience)

 

"Non si erano mai trovati resti articolati di un grande rettile nello stomaco di un predatore gigantesco dell'era dei dinosauri", spiega Ryosuke Motani, paleontologo dell'Università della California. "Finora avevamo solo ipotizzato che questi predatori potessero cibarsi di prede molto grandi, basandoci su forma e dimensione di denti e mandibole, ma ora abbiamo una prova diretta, i resti dell'ultimo pasto ancora nella pancia".

L'ittiosauro scoperto nel 2010 nella provincia cinese del Guizhou (e per questo chiamato 'Guizhouichthyosaurus') aveva subito destato la curiosità dei ricercatori per il suo addome rigonfio pieno di ossa. Anni di studi hanno dimostrato che i resti appartengono al tronco e agli arti del rettile marino Xinpusaurus, mentre mancano cranio, collo e coda.

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Lo stomaco dell'ittiosauro gonfio di ossa della preda (fonte: Jiang et al)

 

Una coda completa di Xinpusaurus è stata rinvenuta nello stesso strato a qualche metro di distanza: Tintori precisa che non appartiene all'individuo predato, "perché deve comunque essere passato un po' di tempo dall'attacco alla morte dell'ittiosauro" e quindi è praticamente impossibile che i due resti siano affondati così vicini. Il suo ritrovamento, però, "conferma che il metodo di attacco fosse proprio quello di concentrarsi sul tronco della preda, lasciando perdere testa e coda che raggiungevano il fondo in modo indipendente". Secondo Motani l'ittiosauro era in grado di afferrare una grossa preda e di fratturarne la colonna vertebrale scuotendo violentemente la testa come le orche.

 

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