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Videogame d’azione contro il rischio di dislessia nei bambini

Risultati positivi su 120 bambini italiani all’ultimo anno di asilo

Videogame d’azione abbassano il rischio di sviluppare disturbi del linguaggio come la dislessia (fonte: Università degli Studi di Bergamo - Università degli Studi di Padova)

Redazione Ansa

Videogame d’azione abbassano il rischio di sviluppare disturbi del linguaggio come la dislessia nei bambini: lo dimostra uno studio pubblicato sulla rivista NPJ Science of Learning e guidato dall’Università di Bergamo e dall’Università di Padova, in collaborazione con l’Università di Pavia, l’Istituto Scientifico Eugenio Medea di Lecco, l’Università Sigmund Freud di Milano e l’Azienda Socio Sanitaria Territoriale della Valle Olona (Varese). La ricerca ha ottenuto risultati positivi su 120 bambini italiani all’ultimo anno di asilo, che hanno risolto i loro disturbi con sole 20 sessioni di gioco. I dati raccolti sono fondamentali anche nell’ottica dei futuri programmi di prevenzione dei disturbi del neurosviluppo, come i disturbi dell’apprendimento, del linguaggio, della coordinazione motoria e dello spettro dell’autismo, estremamente comuni nella società contemporanea.

La principale causa della dislessia, un disturbo specifico della lettura, è la difficoltà nella percezione dei suoni del linguaggio, detti fonemi. Diversi studi hanno dimostrato che i bambini affetti da questo disturbo mostrano miglioramenti grazie ai videogiochi, che possono stimolare l’attenzione. “Da queste premesse abbiamo ipotizzato che i videogiochi d’azione potessero migliorare anche la percezione dei fonemi”, spiega Sara Bertoni dell’Università di Bergamo, prima autrice della ricerca coordinata da Andrea Facoetti dell’Università di Padova. “Il nostro studio dimostra che con solo 20 sessioni di gioco da 45 minuti con un videogame si annullano specificatamente i disturbi nella percezione dei fonemi”.

I progressi così ottenuti erano più che doppi rispetto a quelli ottenuti con trattamenti linguistici tradizionali e permangono anche a distanza di sei mesi. “Questi risultati rivoluzionano le attuali conoscenze condivise sulla dislessia come un puro deficit linguistico dell’emisfero sinistro”, commenta Facoetti, “suggerendo un ruolo anche del controllo automatico dell'attenzione dell’emisfero destro”.

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