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Mini cervelli in provetta per studiare la 'giungla' dei neuroni

La sfida a 10 anni dalla scomparsa di Rita Levi Montalcini

Un organoide del cervello (fonte: National Institute of Allergy and Infectious Diseases, NIH da Flickr)

Redazione Ansa

Usare mini cervelli umani coltivati in provetta per studiare la formazione e l'evoluzione delle connessioni nervose, talmente complesse e intricate che la stessa Rita Levi Montalcini era solita paragonarle a una "giungla" in cui è affascinante addentrarsi: ecco la nuova frontiera delle neuroscienze a dieci anni dalla scomparsa della celebre scienziata premio Nobel, alla cui memoria è dedicata la conferenza internazionale 'Building the brain' promossa dall'Istituto europeo per le ricerche sul cervello (Ebri) e dall'Accademia nazionale dei Lincei.

Comprendere come si 'costruisce' il cervello durante lo sviluppo embrionale e come si modella durante le successive fasi della vita "è una sfida estremamente avvincente, con implicazioni non solo conoscitive ma anche applicative, per le malattie del neurosviluppo e dell'invecchiamento", afferma Antonino Cattaneo, presidente di Ebri e linceo.

"Per questo genere di studi finora sono stati usati per lo più modelli animali, ma oggi - sottolinea l'esperto - abbiamo a disposizione uno strumento innovativo: è quello degli organoidi, che vengono sviluppati a partire da cellule adulte (ad esempio della pelle) riprogrammate per diventare staminali e poi differenziarsi in neuroni". Queste cellule, assemblate in vitro per simulare l'organizzazione e il funzionamento di specifiche regioni del cervello umano, permettono di studiare i meccanismi fisiologici e le alterazioni che portano alle malattie del neurosviluppo. "Comprendere questi meccanismi, e in particolare quelli che portano alla formazione di nuove connessioni nervose, è utile anche per la lotta alle malattie neurodegenerative legate all'invecchiamento", aggiunge Cattaneo. "Come ricordava sempre Rita Levi Montalcini, è solo con la ricerca di base che possiamo spostare più avanti la frontiera della conoscenza e avere poi ricadute applicative. Lo stesso fattore di crescita nervoso Ngf da lei scoperto negli anni Cinquanta è divenuto un farmaco nel 2015: cioè dimostra che la ricerca prima o poi paga, è solo una questione di tempo".

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