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Le microplastiche finiscono nel sangue, c'è la prima prova

Trovati soprattutto Pet e polistirene

Microplastiche su un polpastrello viste attraverso una lente d'ingrandimento (fonte: MPCA Photos da Flickr)

Redazione Ansa

I minuscoli frammenti di plastica dispersi nell'ambiente possono finire nel sangue ed entrare in circolazione nel corpo umano: a raccogliere la prima prova è la ricerca condotta nei Paesi Bassi e coordinata dalla Vrije Universiteit di Amsterdam. I risultati, pubblicati sulla rivista Environment International, sono stati ottenuti dal gruppo di lavoro guidato alla ecotossicologa Heather Leslie e dalla chimica Marja Lamoree, nell'ambito del progetto Immunoplast.

I dati sono stati raccolti grazie all'analisi del sangue donato da 22 persone anonime, nel quale sono state cercate le tracce di cinque polimeri, ossia molecole che sono i mattoncini di cui è costituita la plastica, e per ciascuno di essi sono stati misurati i livelli presenti nel sangue.

È risultato che in tre quarti dei 22 campioni esaminati erano presenti tracce di plastiche e che il materiale più abbondante è il Pet (polietilene tereftalato) di cui sono fatte le bottiglie: è stata misurata una quantità di 1,6 microgrammi per millilitro di sangue, pari a un cucchiaino da tè di plastica in mille litri di acqua (una quantità pari a dieci grandi vasche da bagno). È risultato molto comune anche il polistirene utilizzato negli imballaggi, seguito dal polimetilmetacrilato, noto anche come plexiglas.

Adesso, osservano le ricercatrici, resta da capire se e con quale facilità le particelle di plastica possono passare dal flusso sanguigno agli organi.
"Si tratta dei primi dati di questo tipo e ora - ha detto Lamoree - se ne dovranno raccogliere altri per capire quanto le microplastiche siano presenti nel corpo umano e quanto possano essere pericolose. Grazie ai nuovi dati sarà possibile stabilire se l'esposizione alle microplastiche costituisca una minaccia per la salute pubblica".

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