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Covid, la variante Deltacron non è mai esistita

Frutto di contaminazione in laboratorio tra campioni

Schema di una particella del virus SarsCoV2 e del suo materiale genetico (fonte: Innovative Genomics Institute)

Redazione Ansa

La variante Deltacron del virus SarsCoV2 non è mai esista: sul suo sito la rivista Nature liquida la vicenda come un probabile errore dovuto a una contaminazione in laboratorio tra campioni. Secondo la comunità scientifica le sequenze depositate nella banca dati internazionale Gisaid a inizio gennaio dal virologo cipriota Leondios Kostrikis non sarebbero il risultato della ricombinazione genetica tra Delta e Omicron, ma una semplice contaminazione fra campioni del virus, avvenuta in laboratorio.

La notizia della nuova variante era arrivata a inizio gennaio, annunciata da un gruppo di ricerca dell'università cipriota di Nicosia, che ne aveva subito caricato una cinquantina di sequenze genetiche sulla banca dati internazionale, rimosse pochi giorni dopo. Le caratteristiche genetiche , facevano pensare a un mix tra Delta e Omicron, avevano subito portato alla ribalta la nuova variante con il nome di Deltacron. La risposta della comunità scientifica era però stata rapida e in molti avevano ipotizzato che fosse in realtà il risultato della contaminazione tra campioni. <

Fra i sostenitori di questa ipotesi c'è stato da subito Krutika Kuppalli, dell'università del Sud California e membro dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), che in un tweet commentava: "non esiste una cosa chiamata Deltacron. Omicron e Delta non hanno formato una super variante".

Ma nonostante queste posizioni nette e la rapidità di risposta della comunità scientifica, la notizia della nuova variante ha trovato ampio risalto sui media: una nuova lezione, commenta la rivista Nature, che "dovrebbe essere da monito sui pericoli della diffusione della disinformazione durante la pandemia".

Errori di sequenziamento o contaminazioni sono molto frequenti e non possono certo essere una sorpresa, ha spiegato Cheryl Bennett, della fondazione che gestisce la piattaforma Gisaid, e aggiunge: "tuttavia, correre a conclusioni affrettate sui dati che sono stati appena resi disponibili dai laboratori che si trovano sotto una notevole pressione di tempo per generare dati in modo tempestivo non è utile in nessun caso di emergenza".

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