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Scoperti i tre geni che hanno reso grande il cervello

Sono la chiave per capire alcuni disturbi neurologici

Neuroni della corteccia cerebrale coltivati in laboratorio hanno permesso di individuare i geni che hanno aumentato le dimensioni del cervello umano (fonte: Suzuki et al., Cell 10.1016/J.Cell.2018.03.067, 2018)

Redazione Ansa

Scoperti tre geni che hanno fatto grande il cervello umano, ampliandoo le dimensioni della corteccia. Molto simili tra loro, risalgono al periodo compreso fra 3 e 4 milioni di anni fa e sono descritti in due studi pubblicati sulla rivista Cell e condotti da  David Haussler, dell'Universita' della California a Santa Cruz, e da Pierre Vanderhaeghen, della Libera Università di Bruxelles. Conoscere i geni che hanno fatto sviluppare il cervello è importante perché i loro difetti sono associati a possibili problemi neurologici.

I ricercatori hanno individuato il ruolo dei tre geni osservandoli in azione negli organoidi del cervello, ossia in versioni in miniatura della corteccia cerebrale ottenute in laboratorio a partire da cellule staminali. L'ipotesi e' che i geni, chiamati Notch2nl, aiutino le staminali a trasformarsi in nuovi neuroni espandendo la corteccia.

"Appartengono a una famiglia di geni, chiamati Notch, che ha una storia evolutiva di milioni di anni e un ruolo chiave nello sviluppo embrionale", ha detto Haussler. I ricercatori ne hanno dimostrato la presenza anche nel Dna dell'uomo fi Neanderthal e dell'uomo di Denisova, 'cugini' dell'uomo moderno.

La famiglia dei geni Notch e' stata scoperta nel moscerino della frutta, animale modello negli studi di genetica. Nell'uomo una loro alterazione porta a un anomalo sviluppo del cervello, che puo' diventare o troppo piccolo o troppo grande, causando disturbi cerebrali come la schizofrenia. "Questi geni si trovano in una regione importante del genoma, il cromosoma 1, ricca di riarrangiamenti del Dna come delezioni e duplicazioni, che sono uno dei motori dell'evoluzione", ha detto all'ANSA il genetista Giuseppe Novelli, rettore dell'Universita' di Roma Tor Vergata. "Sara' interessante - ha concluso - capire la loro funzione, in relazione alle disabilita' mentali nelle sindromi dello spettro autistico".

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