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Tumore del seno, scoperte le varianti genetiche 'pop'

Comuni nella popolazione, apripista della prevenzione mirata

Una cellula del tumore del seno (fonte: Bruce Wetzel e Harry Schaefer, NCI-NIH)

Redazione Ansa

La ricerca sul tumore del seno diventa sempre più 'pop', grazie alla scoperta di oltre 60 varianti genetiche predisponenti alla malattia, molto più diffuse nella popolazione rispetto alle rare mutazioni dei geni Brca1 e 2, rese celebri dal caso di Angelina Jolie. Sebbene comportino un rischio di tumore relativamente basso, queste nuove varianti combinate insieme nella stessa donna potrebbero determinare una maggiore suscettibilità, tale da giustificare interventi preventivi mirati. A indicarlo sono due studi pubblicati sulle riviste Nature e Nature Genetics dal consorzio di ricerca internazionale Bcac (Breast Cancer Association Consortium), guidato dall'Università britannica di Cambridge.

Anche l'Italia vi prende parte attraverso il 'Milan Breast Cancer Study Group', coordinato da Paolo Radice e Siranoush Manoukian dell'Istituto Nazionale dei Tumori (Int), Bernardo Bonanni dell'Istituto Europeo di Oncologia (Ieo) e Paolo Peterlongo dell'Istituto Firc di Oncologia Molecolare (Ifom), grazie al contributo dell'Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc).

Le nuove varianti genetiche sono state scoperte analizzando il Dna di oltre 137.000 donne colpite da carcinoma mammario, 18.900 donne portatrici di mutazioni in Brca1, e più di 119.000 donne sane. Sale così a 167 il numero di varianti comuni di predisposizione alla malattia, incluse 125 varianti associate ai tumori 'Er-negativi' che non rispondono alle terapie ormonali.

"Queste osservazioni confermano che lo studio dei fattori genetici di predisposizione al cancro ha rilevanza non solo per un ristretto numero di famiglie ad alto rischio, ma anche per la popolazione generale", precisa Paolo Radice, dell'Istituto Nazionale Tumori di Milano. "La misura su vasta scala del punteggio di rischio poligenico" (calcolato in base alle varianti genetiche presenti nello stesso individuo), "insieme agli altri fattori di rischio già noti, potrebbe consentire di identificare le persone più propense allo sviluppo di carcinoma mammario e ovarico, consentendo di condurre screening di prevenzione mirati".

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