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Lotta aperta alla malattia di Huntington, contro lo stigma

Elena Cattaneo, enormi passi in avanti ma ancora tanto da imparare

In giallo i neuroni colpiti dalla corea di Huntington (fonte: Steven Finkbeiner, Gladstone Institute of Neurological Disease, The Taube-Koret Center for Huntington's Disease Research, and the University of California San Francisco)

Redazione Ansa

Combattere la diffidenza, la paura e lo stigma che li isolano ai margini della società: è questo l'obiettivo dell'iniziativa che dal Sud America ha portato in Italia le famiglie di almeno 50 malati di còrea di Huntington, la malattia neurodegenerativa nota a livello popolare come il "ballo di San Vito", perché costringe a movimenti sempre più incontrollati, fino al declino delle capacità psico-fisiche e alla morte. Sono arrivate grazie all'iniziativa lanciata dalla senatrice Elena Cattaneo.

Nei Paesi più poveri "chi soffre della còrea di Huntingon è relegato ai margini della società", ha detto all'ANSA Cattaneo, che da anni è impegnata nella ricerca su questa malattia come direttore del Laboratorio cellule staminali dell'Università di Milano.

Proprio l'emarginazione ha fatto sì che in Sudamerica i malati si sposassero fra loro, determinando la formazione di "epicentri" della malattia. Un esempio è il villaggio colombiano El Dificil, dove il 75% degli abitanti ha ereditato il gene malato. Villaggi come questo sono molto poveri, e a rendere tutto più difficile è l'esigenza dei malati di mangiare continuamente, fino a 5.000 calorie al giorno. Il gene mutato altera infatti anche il metabolismo energetico.

"La malattia - ha proseguito - produce una proteina mutata che forma aggregati che si depositano nei neuroni, intossicandoli". Purtroppo, ha aggiunto, "non è ancora chiaro quale sia l'elemento preponderante della malattia", cioè non si capisce ancora che cosa provochi il danno maggiore. "Si fa fatica e serve davvero tanta ricerca, isolando un fattore alla volta e osservando gli effetti".

Da tempo i ricercatori di tutto il mondo hanno cominciato a lavorare con le cellule staminali embrionali. "In tutti questi anni - ha detto ancora Cattaneo - abbiamo fatto passi in avanti enormi. Abbiamo imparato tanto e ogni volta siamo tornati in laboratorio per verificare nel piattino di coltura delle cellule se eravamo sulla strada giusta".

La scommessa è riuscire a trasformare le cellule staminali nei neuroni che vengono colpiti dalla malattia. Un'altra via punta invece a 'spegnere' il gene malato, e ci si sta provando seguendo almeno due strategie. Entro l'anno, infine, una risposta potrebbe arrivare dai primi test basati sul trapianto di neuroni prelevati da feti abortiti spontaneamente.
La speranza, ha concluso Cattaneo, è di trovarci presto a "un giro di boa" che permetta di colpire al cuore la malattia, anziché agire solo sui sintomi, come permettono di fare i farmaci attualmente disponibili.

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