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La mappa del Dna della quinoa

Caccia ai geni chiave per il miglioramento delle coltivazioni

Mappato il Dna della quinoa (fonte: Linda Polik, KAUST)

Redazione Ansa

Pronta la mappa del Dna della quinoa, il 'falso cereale' originario delle Ande che per le sue proprietà nutritive e l'incredibile adattabilità ad ambienti estremi viene considerato come un 'super alimento' potenzialmente in grado di sfamare il mondo.

La mappa
La lettura del suo patrimonio genetico è stata eseguita per la prima volta in alta definizione da un consorzio internazionale di ricerca, che ha coinvolto 33 esperti di quattro continenti: i risultati, pubblicati su Nature, hanno già permesso di identificare alcuni geni chiave che potrebbero essere manipolati per migliorare le coltivazioni della pianta aumentandone la diffusione commerciale.

I possibili 'ritocchi'
Uno dei primi 'difetti' della quinoa che potrebbero essere corretti è il tipico sapore amaro dei suoi semi. ''Questo gusto è dovuto all'accumulo di alcune sostanze chimiche naturali chiamate saponine'', spiega Mark Tester, coordinatore del progetto di ricerca presso l'Università di Scienze e Tecnologia Re Abdullah (Kaust) in Arabia Saudita. Grazie alla mappa del Dna della quinoa in HD ''abbiamo identificato uno dei geni che controllano la produzione di saponine - aggiunge l'esperto - e questo faciliterà la selezione di piante prive di queste sostanze e dunque con semi più dolci''. I ricercatori contano anche di identificare i geni che controllano le dimensioni della pianta, in modo da svilupparne di più corte e robuste: diventerebbe così più facile la coltivazione estensiva di esemplari capaci di reggere il peso di semi più grossi.

Una risorsa per il mondo
''La quinoa è una pianta molto resistente, in grado di crescere ad altitudini elevate, in terreni poveri e salini'', ricorda Tester. Nutriente, gluten-free e caratterizzata da un basso indice glicemico, ''potrebbe diventare una risorsa alimentare molto salutare per tutto il mondo, coltivata sfruttando terreni e risorse idriche oggi inutilizzati. Il nostro nuovo genoma - conclude il ricercatore - ci fa fare un passo avanti in questa direzione''.

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