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Trapianti, progetto clinico con Univaq e Centro nazionale

Iniziativa pilota di formazione clinico assistenziale

Redazione Ansa

(ANSA) - L'AQUILA, 08 APR - L'Università degli Studi dell'Aquila è una delle quattro sedi nazionali scelte per l'attuazione di un progetto pilota sulla formazione clinico assistenziale nel processo donativo-trapiantologico. Si tratta di una partnership con il Centro nazionale trapianti (Cnt).
    Destinatari di questo progetto formativo sono i medici iscritti ai Corsi di specializzazione in Anestesia, Rianimazione, Terapia intensiva e del dolore, essendo quest'ultima la sede materiale del processo di donazione degli organi.
    Oltre all'Aquila, attraverso il centro di simulazione di ateneo, Simulaq, sono state scelte le sedi universitarie di Trieste, Siena, Bari. Proprio nel capoluogo, all'interno del centro diretto dal professor Franco Marinangeli, è partito il primo corso, attivo sino all'11 aprile. Il percorso formativo vede coinvolti per quattro giorni e in maniera intensiva, docenti e medici specializzandi.
    Secondo quanto previsto dal Centro nazionale Trapianti, a questa prima fase del progetto ne seguiranno altre dedicate all'approfondimento, alla formazione e all'osservazione sul campo.
    I docenti di Anestesia e Rianimazione provengono dalle Terapie Intensive di L'Aquila e Teramo, rete formativa dell'Università degli Studi dell'Aquila (le dottoresse Roberta Mariani, Federica Venturoni, Benedetta Alfonsi, Santa De Remigis). Punto di riferimento del corso, la dottoressa Sara Mascarin.
    Consulente del Cnt per la comunicazione e profonda conoscitrice del tema della donazione a livello nazionale.
    Presenti, inoltre, la dottoressa Daniela Maccarone, Responsabile del Centro Trapianti di Abruzzo e Molise e altri docenti provenienti da varie parti d'Italia.
    L'obiettivo del corso è quello di fornire ai medici specializzandi in Anestesia, Rianimazione, Terapia intensiva e del Dolore, una formazione standardizzata in totale sintonia con il Cnt, anche allo scopo di aumentare le capacità del medico di comunicare con la famiglia del paziente nel modo più opportuno, contribuendo così ad abbattere la diffidenza verso la donazione d'organo che rappresenta una forte criticità nella società civile. (ANSA).
   

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