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Pochi nefrologi, cure a singhiozzo e ritardi per trapianti

Difficoltà a garantire assistenza per mancanza di specialisti

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 23 GEN - Per il blocco del turnover in Italia mancano almeno 350 nefrologi; ciò sta mettendo in difficoltà le Nefrologie di tutta Italia, ma soprattutto si sta ripercuotendo sulla salute dei malati di reni che spesso vedono peggiorare la propria patologia a causa di un'assistenza insufficiente. È l'allarme che arriva dai nefrologi nel corso del convegno "FIRmamento della Nefrologia del Lazio", promosso dalla Fondazione Italiana del Rene (Fir).
    Gli effetti dell'insufficiente numero di specialisti sono numerosi: "Un paziente seguito bene a livello ambulatoriale ha molte possibilità di prevenire o ritardare la dialisi", ha spiegato il presidente Fir Massimo Morosetti. "Il paradosso è che oggi abbiamo farmaci che permettono di ritardare l'ingresso dei pazienti in dialisi, ma non abbiamo professionisti a sufficienza per seguire i pazienti a cui vanno prescritti".
    La situazione è seria anche se si guarda all'offerta di assistenza ospedaliera: "oltre ad una riduzione assoluta dei posti letto, in molti casi i posti assegnati non sono attivati per problemi di personale o di spazi. Molti centri di dialisi hanno difficoltà nel garantire le attività per mancanza di medici specialisti", ha aggiunto Morosetti. Intanto crescono anche le difficoltà legate ai trapianti: "Il tempo medio prima di esser messo in lista d'attesa per ricevere un rene è di 12 mesi per fare tutti gli accertamenti", ha detto Roberto Costanzi, presidente dell'Associazione Malati di Reni.
    Una volta entrati in lista d'attesa, il problema diventa la disponibilità insufficiente di organi:"In Italia la lista d'attesa per un rene include più o meno stabilmente 6.500 persone, e quindi i 2mila trapianti che riusciamo a fare ogni anno non soddisfano il fabbisogno per il trattamento delle insufficienze renali terminali", ha spiegato Massimo Cardillo, direttore generale del Centro Nazionale Trapianti. "Abbiamo due strade da percorrere, entrambe con eguale convinzione. La prima è quella di promuovere il più possibile la cultura della donazione, chiedendo ai cittadini di dare il consenso al prelievo dopo la morte. La seconda strada è il trapianto di rene da donatore vivente, che deve diventare una soluzione di routine", ha concluso Cardillo. (ANSA).
   

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