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Berlin Chemie,azienda italiana che dà lavoro a 2300 tedeschi

1,6 miliardi di fatturato,produzione cresciuta del 15% in 5 anni

Redazione Ansa

Con 1,6 miliardi di fatturato annuo e una crescita di produzione del 15% in 5 anni, la Berlin Chemie è una delle eccellenze italiane all'estero che dà lavoro a oltre 6000 persone, di cui 2300 tedeschi. Acquisito nel 1992 dall'azienda farmaceutica italiana Menarini e fiore all'occhiello delle privatizzazioni industriali della Germania Est dopo la Caduta del Muro di Berlino, oggi il sito produttivo è un vero e proprio 'antidoto' agli stereotipi e ai luoghi comuni sui non sempre facili rapporti con i nostri 'cugini' teutonici.
    Dislocata su una vasta area di 400mila mq a sud est di Berlino, nel quartiere Adlershof, in cui l'archeologia industriale sta lasciando il posto a laboratori all'avanguardia, la Berlin Chemie venne fondata nel 1890. Fu utilizzata durante il nazismo, bombardata durante la Seconda Guerra Mondiale, statalizzata nel 1949, quindi riprivatizzata dopo la Riunificazione delle due Germanie. Fu allora che venne acquisita da Alberto Aleotti, proprietario della Menarini. Tra produzione, marketing, logistica, controllo qualità ricerca e informazione scientifica, nel 2018 vede impiegati 6.259 lavoratori (660 in più in due anni), di cui 2.364 in Germania e 3.895 all'estero, soprattutto in Russia. Gestisce la distribuzione in 31 paesi dell'est Europa dall'Albania all'Uzbekistan e, insieme a Roma, Barcellona e Singapore, è uno dei 4 'hub' della Menarini, gruppo che conta 17mila dipendenti in tutto il mondo. Di fatto oggi, spiega il Chief Financial Officer Attilio Sebastio, "la Berlin Chemie è il sito produttivo più grande del gruppo, dove si producono 184 milioni di scatole di compresse e 14 milioni di confezioni di sciroppi, in particolare antidiabetici (53%) e cardiovascolari (23%). Infine, "grazie a una politica di continuo reinvestimento dei guadagni in loco", conclude Sebastio, "è anche un centro di primo livello per la ricerca, soprattutto oncologica". 
   

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