Salute denti e gengive

Cosa succede dopo che estraggo un dente?

A cura del dott. Marco Clementini, Società italiana di parontologia (SIdP)

Dott. Marco Clementini, SIdP

Redazione Ansa

“Tolto il dente, tolto il dolore”. Il percorso terapeutico di un paziente potrebbe sembrare finito dopo una estrazione dentaria, ma spesso non è cosi. Dopo questa procedura, infatti, è necessario a volte sostituire quel dente, o mediante ponti su elementi dentari adiacenti, o mediante impianti che una volta integrati nell’osso potranno sostenere un dente finto. Allora l’estrazione di un dente è solo l’inizio di un percorso successivo riabilitativo e vale la pena quindi capire cosa succede nelle settimane successive.

Una volta estratto il dente dal proprio alveolo, questo si riempie di un coagulo di sangue che muterà nel corso del tempo la sua struttura fino a ricreare sia il tessuto osseo che quello gengivale. A questo processo, che si svolge naturalmente, si accompagna tuttavia una perdita inevitabile di volumi. Questo fenomeno non è da sottovalutare, poiché potrebbe rendere necessaria una ricostruzione di questi tessuti in caso di riabilitazione protesica, aumentando per il paziente l’invasività delle successive terapie chirurgiche. L’entità del riassorbimento varia sia in funzione della posizione del dente (se nella zona anteriore o posteriore della bocca), sia in funzione della causa che ha portato alla estrazione. Se infatti il dente viene estratto per una carie che lo ha distrutto o per una frattura del dente da trauma, di solito le pareti dell’alveolo possono rimanere integre e la quota di riassorbimento sarà minima. Se invece il dente viene estratto per motivi parodontali, allora il riassorbimento successivo all’estrazione sarà di entità maggiore, perché si andrà a sommare al riassorbimento già presente per la malattia parodontale.

Da ormai più di 10 anni si sono introdotte delle tecniche atte a preservare morfologicamente il volume dei tessuti dopo l’estrazione di un dente. Queste, che si differenziano dalle tecniche che mirano invece ad aumentare il volume residuo, vanno sotto il nome di “tecniche di preservazione alveolare”, e hanno dimostrato scientificamente una loro efficacia, riducendo spesso, di fatto, le successive necessità ricostruttive, soprattutto in caso di inserimento implantare dopo che un dente è stato estratto per una carie o per una frattura da trauma. Queste tecniche si servono di biomateriali di origine animale o sintetica e di membrane in collagene naturale e devono essere eseguite nel momento stesso in cui avviene l’estrazione dentaria, al fine di intervenire subito nel processo di guarigione ed influenzarne il decorso. Ogni qualvolta vengano utilizzati dei biomateriali è necessario per il paziente assumere una terapia antibiotica ed antisettica al fine di ridurre il rischio di infezione. Queste tecniche hanno però un aspetto negativo: la formazione ossea infatti in questi casi è leggermente ritardata, e quindi anche la possibilità di poter inserire un impianto dovrà prevedere una temporalità posticipata di qualche mese : se di solito infatti l’impianto può essere inserito dopo circa 2-3 mesi, in caso di preservazione alveolare bisognerebbe attendere un tempo di almeno circa 4 mesi

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