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Viola, è prevenibile il 20-30% delle malattie da invecchiamento

'Ci preoccupiamo troppo dei segnali esterni dell'età e poco dei cambiamenti all'interno del corpo'

Redazione Ansa

 "Ci preoccupiamo troppo dei segnali di invecchiamento esterno, come le rughe, i capelli bianchi o la pelle che perde un po' di tonicità, perché da un punto di vista culturale vediamo l'invecchiare come una cosa negativa, da combattere. Invece, non solo non dovremmo combatterlo, ma dovremmo preoccuparci di quei cambiamenti che avvengono all'interno del nostro corpo, ai muscoli, al cuore, allo scheletro e che ci rendono più fragili. Di questi non ci occupiamo abbastanza". Lo dice l'immunologa Antonella Viola, protagonista con il suo libro 'La via dell'equilibrio - Scienza dell'invecchiamento e della longevità' (Feltrinelli) di un incontro a 'Il libro possibile', il festival letterario sostenuto da Pirelli, ospitato a Polignano a mare e a Vieste.
    "Oggi siamo sempre più longevi ma viviamo gli ultimi 20 o 30 anni in malattia, e questo significa una pessima qualità della vita ma anche un grosso problema di sostenibilità della sanità per il Paese", aggiunge. "La scienza sostiene che tra il 20 e il 30% delle malattie dell'invecchiamento si possono prevenire attraverso un corretto stile di vita. Lo scopo del libro è parlare di questa prevenzione possibile e sostenibile".
    Uno dei dibattiti che ha visto l'immunologa protagonista negli ultimi mesi è quello sul potenziale rischio cancerogeno legato vino: "è una polemica assurda - commenta -. La scienza non può che dire le cose come stanno. L'Oms ha inserito da molti anni l'etanolo tra i 126 composti che causano il cancro. La connessione tra il consumo di alcol e il cancro è chiarissima, poi ognuno fa quello che vuole e accetta il rischio. Però facciamo in modo che il consumatore lo accetti in modo consapevole e responsabile".
    Il sistema sanitario italiano però è in affanno. "Non abbiamo imparato la lezione dal Covid, la sanità continua ad essere tagliata. Non si investe e non si cambia un modello oggi non più adeguato alla popolazione in Italia, che è mutata dal punto di vista demografico. Un Paese che ha un numero di anziani così grande come l'Italia ha bisogno non solo di più sanità ma anche di una sanità diversa".
   

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