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Tumore al rene, in 5 anni +15% pazienti vivi dopo la diagnosi

Al congresso Asco la campagna sui progressi della ricerca

Redazione Ansa

In cinque anni, in Italia, le persone vive dopo la diagnosi di tumore del rene sono aumentate del 15%. Erano circa 125mila nel 2018, per diventare 144.400 nel 2022.

Oltre il 50% dei pazienti diagnosticati in fase precoce guarisce. Nel 30% dei casi la malattia è individuata in fase avanzata o metastatica e in un altro 25-30% si ripresenta dopo l'intervento chirurgico eseguito con intento curativo. Un tempo le opzioni terapeutiche erano scarse, anche perché in questa neoplasia la chemioterapia è da sempre poco efficace e il suo utilizzo è scarso. Oggi vi sono numerosi strumenti efficaci da inserire in una strategia di cura che vede chirurgia, terapie mirate e immunoterapia, migliorando in maniera significativa la capacità di controllo della neoplasia metastatica.

L'obiettivo per gli esperti è rendere cronico il carcinoma renale avanzato, garantendo una buona qualità di vita. I pazienti con diagnosi di malattia in stadio avanzato possono vivere a lungo, infatti quasi il 50% oggi è vivo a 5 anni e, in alcuni casi, si comincia a parlare di guarigione. A fare il punto sono l'Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) e l'Associazione Nazionale Tumore del Rene (Anture), che dal Congresso della Società Americana di Oncologia Clinica (Asco) in corso a Chicago, lanciano la campagna nazionale di sensibilizzazione, realizzata con il supporto incondizionato di Ipsen, per far conoscere i passi avanti della ricerca. Verranno realizzati webinar, attività sui social media e un portale dedicato.

"L'incremento della sopravvivenza e del numero di pazienti vivi dopo la diagnosi è dovuto all'introduzione delle terapie mirate innovative e dell'immunoncologia che, in quasi vent'anni, hanno permesso di contrastare con successo anche i casi di malattia in fase avanzata - afferma Saverio Cinieri, presidente Aiom -. L'innovazione terapeutica ha rivoluzionato la pratica clinica. Con questa campagna vogliamo migliorare il livello di consapevolezza dei pazienti e dei cittadini sui progressi della ricerca. Senza dimenticare il ruolo degli stili di vita. È dimostrato che l’attività fisica è in grado di ridurre fino al 22% il rischio di sviluppare la malattia. Anche nei pazienti che hanno già ricevuto la diagnosi, il movimento può migliorare del 15% i risultati dei trattamenti   

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