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Tumore allo stomaco, con le nuove terapie sale la sopravvivenza

Alla maggior parte dei pazienti manca l'assistenza psicologica

Fonte istok, BernardaSv

Redazione Ansa

Il tumore allo stomaco resta uno dei più aggressivi e solo il 32% di chi ne è colpito sopravvive a 5 anni dalla diagnosi, ma l'introduzione di farmaci immunoterapici ha segnato un allungamento della vita libera da malattia per i pazienti. Chi sopravvive tuttavia deve fare i conti con continui controlli e ha bisogno di aiuto. A raccontare bisogni e diritti di questi malati è stato il Seminario Nazionale dedicato al tumore gastrico organizzato dall'associazione "Vivere senza stomaco si può". Solo in 4 casi su 10 il tumore allo stomaco riesce ad essere operato in maniera radicale ed avere quindi una speranza di guarigione. Anche per i gastroresecati però i problemi non mancano.

"Subire la resezione dello stomaco comporta numerosi adattamenti, fisici e psicologici: accettare la mancanza dell'organo, gestire la paura di recidive e quindi di morire, accettare la malnutrizione e alla perdita di peso - dichiara Claudia Santangelo, presidente di "Vivere senza stomaco si può" - per questo chiediamo che all'interno delle Unità multidisciplinari sia prevista la figura dello psiconcologo. Il sostegno psicologico è ormai ritenuto parte attiva e integrante delle cure dalla comunità scientifica".

"Il paziente va sostenuto e aiutato ad accettare la malattia e a trovare il coraggio per affrontarla, questo è l'obiettivo principale dell'assistenza psicosociale", sottolinea Rodolfo Passalacqua, oncologo presso l'Ospedale di Cremona e Coordinatore delle linee guida Aiom per l'assistenza psicosociale dei malati oncologici.

"Tra i gastroresecati oltre il 45% - spiega Patrizia Pugliese, psiconcologa - soffre cambiamenti della sfera sessuale e più di un terzo chiede un intervento assistenziale. Purtroppo, a questa domanda non corrisponde una adeguata risposta". Questa figura dovrebbe essere inserita all'interno dei Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (Pdta) regionali ovvero strumenti con lo scopo di uniformare l'approccio clinico a questa patologia, "che purtroppo esistono ancora solo in 3 Regioni", conclude Santangelo.

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