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Partorisce con la sindrome di Alstrom, è la prima volta al mondo

A Torino. Mamma e bimbo stanno bene

neonato

Redazione Ansa

Pesa quasi due chili, e sta bene, il bambino nato in questi giorni all'ospedale Sant'Anna della Città della Salute di Torino, primo caso al mondo di parto per una donna affetta da una malattia genetica rarissima, la sindrome di Alstrom. Ad annunciarlo è la professoressa Chiara Benedetto, direttrice della Ginecologia e Ostetricia 1 universitaria.

La paziente, una 26enne, è stata assistita durante tutta la gestazione presso gli ambulatori per le gravidanze a rischio afferenti alla Divisione diretta dalla professoressa Benedetto, in collaborazione multidisciplinare con i colleghi internisti del Sant'Anna, coordinati dal dottor Aldo Maina, e il Servizio di Genetica Clinica della Città della Salute di Torino diretto dalla professoressa Barbara Pasini. "Abbiamo assistito la signora per tutta la gravidanza - racconta la professoressa Benedetto -. Quando, all'ottavo mese, abbiamo notato il peggioramento delle funzioni cardiovascolare e renale materne, per quanto lieve, abbiamo proceduto col cesareo. Siamo felici di aver contribuito a realizzare il sogno di questa neo mamma e di poter dare speranza a tutte le persone affette da malattie rare", circa 2milioni in Italia.

Malattia multisistemica, dovuta alla mutazione del gene ALMS1, la sindrome di Alström viene trasmessa solo se entrambi i genitori ne sono affetti, o portatori, e che si manifesta poco dopo la nascita. E' caratterizzata da gravi problemi di vista e udito, tendenza all'obesità, diabete, disfunzioni cardiache, renali ed epatiche. E spesso anche dalla infertilità. A livello mondiale ne sono stati descritti solamente 450 casi e in letteratura scientifica non sono mai state riportate gravidanze.

"Terapie specifiche non ce ne sono - spiega ancora la professoressa Benedetto -, ecco perché è davvero molto importante la prevenzione, intervenire cioè precocemente per migliorare la qualità della vita dei pazienti".

La sindrome di Alström è una delle 8mila patologie atipiche che nel mondo colpiscono un milione di persone, il 40% delle quali ha meno di 18 anni. Insieme alla ricerca la sfida, soprattutto in questi mesi di pandemia, è l'assistenza. E i servizi di telemedicina, sui quali punta il Recovery Plan, potrebbero diventare un'opportunità. Lo rileva Annalisa Scopinaro, presidente della Federazione delle Associazioni di Persone con Malattie Rare d'Italia (Uniamo), che chiede una attenzione particolare ai malati rari "in tutti i provvedimenti di salute pubblica". E auspica che vengano "presi in carico soprattutto a domicilio, dove possano svolgere una vita quanto più di qualità sia possibile". Si muove in questa direzione la partnership con la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), mentre l'organizzazione indipendente Salutequità chiede di "rendere finalmente esigibili su tutto il territorio nazionale i nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (Lea)". (ANSA).
   

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