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Tumore fegato, in Italia +21% di casi fra le donne in 5 anni

Terapia mirata controlla cancro e migliora la qualità di vita

fegato

Redazione Ansa

I casi di tumore al fegato in Italia aumentano tra le donne, con un +21% in cinque anni, e sono invece in calo tra gli uomini (-7,5%), ma la buona notizia è che è in arrivo una nuova terapia mirata che controlla la malattia e migliora la qualità di vita: "Per la prima volta in un decennio - afferma il neo presidente dell'Associazione italiana di oncologia medica Aiom, Giordano Beretta, in occasione del XXI Congresso nazionale - un trattamento dimostra benefici rispetto allo standard di cura in pazienti non trattati in precedenza".
    Il tumore del fegato è "silenzioso", perché non mostra sintomi specifici e solo il 10% dei casi è diagnosticato in fase iniziale quando l'intervento chirurgico può essere risolutivo.
    Per questo, le percentuali di guarigione sono ancora basse, infatti solo il 20% è vivo a cinque anni dalla diagnosi. Oggi si stanno aprendo però nuove prospettive, grazie alla medicina di precisione: una terapia mirata, lenvatinib, ha dimostrato, per la prima volta in dieci anni, di offrire in prima linea, cioè in pazienti mai trattati prima, più benefici rispetto allo standard di cura (sorafenib). Il tumore del fegato "è il quinto big killer, dopo polmone, colon-retto, mammella e pancreas - spiega Beretta -. Oggi, nella malattia avanzata, si stanno affacciando nuove armi. In particolare, lenvatinib ha ricevuto ad agosto 2018 l'approvazione da parte della Commissione europea per il trattamento di prima linea di pazienti adulti con carcinoma epatocellulare avanzato ed è attesa a breve la rimborsabilità anche in Italia da parte dell'Agenzia Italiana del Farmaco". Nello studio REFLECT che ha condotto all'approvazione della molecola in Europa e ha coinvolto circa 1000 pazienti con epatocarcinoma avanzato di 154 centri in 20 Paesi, lenvatinib ha dimostrato una sopravvivenza globale mediana di 13,6 mesi, sovrapponibile a quella del sorafenib (12,3 mesi), che ha rappresentato sino ad oggi l'unica terapia delle forme avanzate.
    Si è però riscontrato un significativo miglioramento di altri parametri, quali la sopravvivenza libera da progressione di malattia (7,3 mesi contro 3,6 del sorafenib). Evidente anche il miglioramento della qualità di vita. Gli oncologi sottolineano inoltre come un terzo dei casi di tumore del fegato nel Nord Italia sia dovuto ad abuso di alcol.
   

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