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Pronto un nuovo test per fotografare come il tumore muta

Verso selezione pazienti per cure immunoterapia personalizzate

Una cellula del tumore del seno (fonte: Bruce Wetzel e Harry Schaefer, NCI-NIH)

Redazione Ansa

'Fotografare' le alterazioni molecolari del tumore per dare a ciascun paziente l'immunoterapia - mirata a risvegliare il sistema immunitario contro il cancro - più giusta e personalizzata. È il risultato che può essere raggiunto grazie a un nuovo test, presentato oggi, che misura il numero di mutazioni nel tumore. Si chiama Tumor Mutational Burden (TMB), cioè carico mutazionale del tumore, e rappresenta una nuova frontiera nella lotta al cancro.
    "Il TMB, che sarà disponibile entro alcuni mesi, rientra nel concetto di medicina di precisione - spiega Nicola Normanno, direttore Dipartimento Ricerca Traslazionale dell'Istituto Nazionale Tumori Pascale di Napoli -. È uno strumento prezioso perché può permettere di identificare i pazienti che potrebbero rispondere alla immunoterapia. Studi recenti infatti hanno dimostrato che questo tipo di trattamento è più efficace nei tumori con un alto numero di mutazioni". Le neoplasie con un TMB elevato sono soprattutto quelle del polmone, vescica, gastrointestinali e il melanoma. La validità di questo nuovo test biomarcatore è stata dimostrata nello studio di fase III CheckMate-227: "I risultati positivi dello studio stabiliscono il potenziale di TMB come importante biomarcatore predittivo per la selezione dei pazienti candidabili al trattamento di combinazione con due molecole immunoterapiche, nivolumab e ipilimumab, nel tumore del polmone non a piccole cellule avanzato", afferma Federico Cappuzzo, Direttore Dipartimento Oncoematologia dell'Ausl Romagna.
    Significativi i risultati: il tasso di sopravvivenza libera da progressione della malattia a un anno era più del triplo con la combinazione immunoterapica (43%) rispetto alla chemioterapia (13%). Ci stiamo cioè avvicinando alla "concreta possibilità di abbandonare la chemioterapia nel trattamento di molte persone, pari a circa il 40%, colpite da questa neoplasia in fase avanzata. Sicuramente - conclude Cappuzzo - un grande vantaggio per i pazienti". 
   

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