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Emicrania colpisce 11 mln donne, manifesto per combatterla

Campagne per conoscerla e accesso innovazione terapeutica

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 03 FEB - L'emicrania, secondo i dati dell'Oms, è la terza patologia più frequente del genere umano e la più disabilitante in assoluto se si considerano le donne fino ai 50 anni. In Italia secondo gli esperti sono 15milioni le persone che hanno manifestato almeno un episodio di emicrania nella vita, di questi 11 milioni sono donne. Cinque milioni ne soffrono almeno una volta a settimana. Questa malattia cronica ha anche altissimi costi sociali ed economici. Si stima che in Italia il costo annuale per paziente sia pari a 4.352 euro. Fondazione Onda ha realizzato il Manifesto in 10 punti 'Uniti contro l'emicrania'. Tra i temi principali la necessità di promuovere campagne di sensibilizzazione, potenziare le sinergie tra professionisti del territorio e centri cefalee, promuovere l'innovazione terapeutica e facilitarne l'accesso.
    "Il Manifesto - evidenzia Francesca Merzagora, presidente Fondazione Onda - è una call to action per offrire una migliore qualità della vita alle persone con emicrania". "La prevalenza dell'emicrania nella donna - aggiunge Piero Barbanti, presidente Anircef, Associazione neurologica italiana per la ricerca sulle cefalee - non è solo questione di ormoni. La maggiore velocità del cervello femminile lo espone a maggiore rischio di attacchi. È essenziale una diagnosi tempestiva per instaurare le cure corrette, ridurre il rischio di cronicizzazione ed evitare peregrinazioni. Il progetto IRon su 866 pazienti con emicrania cronica visitati presso 24 centri cefalee italiani - ha documentato che l'intervallo che intercorre tra l'esordio dell'emicrania ed il primo accesso a un centro cefalee è pari a circa 20 anni e che l'80% degli esami diagnostici eseguiti nel frattempo è inutile. È emerso anche che il paziente con emicrania cronica consulta in media da 8 a 18 specialisti nella vita". Gli anticorpi monoclonali sono una delle novità terapeutiche, ma non sono ritenuti, secondo quanto spiega Paolo Martelletti, presidente Fondazione Italiana per lo Studio delle Cefalee Onlus, "farmaci di prima scelta perché dietro ci devono essere dei fallimenti terapeutici: questo può avere una motivazione economica, ma far soffrire un paziente per anni per poterlo mettere nella situazione di poter ricevere questi farmaci innovativi è un discorso che non può tenere". (ANSA).
   

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