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Sicurezza stradale, per gli italiani in auto la colpa è altrui

Studio Anas sugli stili di guida, il 54% non usa gli indicatori di direzione

Redazione Ansa

Gli automobilisti italiani sono molto indulgenti verso loro stessi: quando si verificano incidenti e situazioni di pericolo la responsabilità è tendenzialmente attribuita alle condotte altrui. Eppure, le regole del codice della strada non vengono sempre rispettate. Secondo la ricerca sugli stili di vita degli utenti commissionata da Anas e presentata durante il convegno "Sicurezza stradale: obiettivo zero vittime", il 54,1% degli automobilisti non utilizza le frecce in fase di sorpasso, il 35,4% non segnala l'ingresso in strada da rampa di accesso e il 19,5% l'uscita. Il 10,3% usa il cellulare alla guida e l'11,4% non indossa la cintura di sicurezza (per i passeggeri sul sedile posteriore, il dato raggiunge il 75,7%). Su oltre 357mila veicoli monitorati da Anas, il 9,6% superava i limiti di velocità, il 77,7% non rispettava la distanza minima di sicurezza. La violazione del codice della strada riguarda anche i dispositivi di ritenuta per bambini: il 41,7% non li utilizza sul lato anteriore dell'auto (48,4% nel sedile posteriore). "Bisogna fare attenzione al miglioramento del comportamento degli utenti sulle strade", ha detto il presidente di Aci, Angelo Sticchi Damiani, sottolineando come l'aspetto dissuasivo sia "importante, ma occorre educarci al rispetto dell'altro sulla strada". Punto di partenza dell'indagine è il dato secondo cui il 93% degli incidenti deriva dal comportamento del guidatore. Su questo si basa anche la campagna di Anas "Quando guidi, guida e basta", in vista dell'obiettivo di ridurre del 50% le vittime di incidenti stradali entro il 2030. "Anas è uno dei più importanti gestori delle reti stradali, quindi proprio da qui deve partire una riflessione sul tema della sicurezza stradale", ha affermato l'ad di Anas, Aldo Isi, che ha illustrato i pilastri dell'azione sul tema: manutenzione, innovazione tecnologica e campagne di sensibilizzazione. La manutenzione, in particolare, "è la più grande opera che dobbiamo portare a termine nei prossimi anni. Dobbiamo tornare a curare il patrimonio delle nostre infrastrutture. Lo faremo con un piano di investimenti di 50 miliardi in 10 anni, di cui buona parte dedicati all'infrastruttura esistente".

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