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Mainetti, un'Armata Brancaleone in cerca di abbracci

Santamaria e Pietro Castellitto tra i diversi di Freaks Out

Redazione Ansa

"Troppo fighetti per sembrare degli Avengers, più tosti e anche più simpatici dell'Armata Brancaleone, insomma degli irresistibili diversi": Claudio Santamaria, che nel film è tutto coperto di peli come uomo-cane ("quattro ore di trucco al giorno non dico altro, leggevo Il Conte di Montecristo"), prova a mettere delle etichette ai circensi senza casa, sporchi, vigliacchi ma vitalissimi di Freaks Out. Il film di Gabriele Mainetti oggi in concorso a Venezia 78 è un (raro) kolossal italiano che aspira a trovare il grande pubblico della sala pronto a stupirsi per questa storia scritta con Nicola Guaglianone (da un soggetto originale di quest'ultimo), lo stesso duo che nel 2015 oltre ai tanti premi portò 1 milione di spettatori al cinema con Lo Chiamavano Jeeg Robot. L'impresa ora è titanica visti i tempi, ma ci si prova (e magari si spera anche in una designazione agli Oscar) dal 28 ottobre con 01. Il film ha per sfondo la Roma occupata del '43: Matilde, Cencio, Fulvio e Mario, ciascuno un fenomeno da baraccone, vivono come fratelli nel circo di Israel, un ebreo che ad un certo punto scompare. Nella città occupata dai nazisti cercano di restare inseparabili e provano a trovare lavoro nell'unico circo attivo, quello del pazzoide Franz che testa personaggi con superpoteri per far vincere al Fuhrer la guerra. "Tocchiamo la Storia, la rielaboriamo, mescoliamo il passato, il presente e il futuro perchè in questa avventura da Armata Brancaleone, in questo romanzo di formazione che è anche una storia di diversità, alla fine tutti - dice all'ANSA Mainetti - cercano proprio come noi in questo periodo più che mai una cosa sola: l'abbraccio". Prodotto da Andrea Occhipinti (Lucky Red) e dallo stesso Mainetti con la sua Goon Films e con Rai Cinema (l'ad Paolo Del Brocco ha parlato di un "film spartiacque per il cinema italiano", sottolineandone le ambizioni), Freaks Out "è un film spettacolare proprio perchè non scappa dallo spettacolo come solitamente è abituato a fare il cinema italiano. Leggevo sulla sceneggiatura che scoppiava il forno crematorio a gas e sul set scoppiava davvero. Ma dentro questo spettacolo enorme da kolossal variopinto c'è equilibrio, credibilità di tutti i personaggi" , dice a ragione Pietro Castellitto che nel film è un generoso credulone ragazzone albino. "In tutta questa messa in scena il maniacale Mainetti - prosegue Castellitto - aveva come priorità la valorizzazione degli attori. Per me è stato un master di recitazione e di regia, non avrei mai fatto il mio primo film - I predatori premiato a Venezia 77, ndr - senza questa grande esperienza". Mainetti ha anche composto le musiche insieme a Michele Braga (Edizioni Curci e Goon Films) in una colonna sonora eseguita dalla Czech national symphony orchestra di Praga. Nel film che è pieno di citazioni cinematografiche, di omaggi alla commedia all'italiana e alla stagione del neorealismo (ma senza supponenza) e pure un po' di Spielberg, ci sono anche Giancarlo Martini, Max Mazzotta, Franz Rogowski, e Giorgio Tirabassi ma la supereroina è Matilde (Aurora Giovinazzo), "una ragazzina tormentata, con il passato travagliato, la voglia di famiglia, una ingenuità di fondo che al momento giusto la trasforma in una formidabile decisiva guerriera". Questi fenomeni da baraccone "sono maschere certo - prosegue all'ANSA Santamaria - caricature ma a sostenerle c'è un'anima. E' vero sembro Chewbacca di Star Wars ma non così monodimensionale, dietro al pelo c'è sostanza". Superare, metabolizzare un exploit come quello di Jeeg Robot non era facile "e che raccontiamo ora? Così con Guaglianone abbiamo pensato ai mostri che agivano come uomini e uomini che agivano come mostri. I superpoteri? Non voglio etichette di generi". Il cinema "fantasmagorico ma credibile nelle sue vicende umane", come sottolinea ancora Santamaria. Le 12 settimane di riprese sono diventate 26, un budget lievitato, una edizione anche travagliata, "ma il risultato è stupore e divertimento, senza cercare emozioni facili ma provando a fare il cinema che amo, quello delle storie potenti".

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