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Alcolismo e donne, c'è il fenomeno crescente della drunkoressia

Collettività ghettizza e allontana, ecco le ‘parole gentili’ che abbattono il pregiudizio

Donne e alcol

Redazione Ansa

Autostigma e vergogna spiccati vissuti dalle donne che bevono troppo ci sono già per motivi di genere, personali e culturali. Peggiorano col contributo della società che le sta a guardare, additandole, isolandole, giudicandole. Parliamo delle donne ‘dipendenti’, in particolare dall’alcol, fenomeno pandemico tra giovani e meno giovani e perfino accettato se però a bere troppo è lui. L’eroe che supera i riti del bere troppo in discoteca è l’uomo, se l’ubriaca è invece una donna il pregiudizio scivola perfino nel tranello di ritenerla più disposta ad avere rapporti sessuali in quello stato, ad esempio. L’alcolismo è un problema globale che non guarda in faccia il sesso ma la collettività tende a ghettizzare soprattutto le ragazze e le donne mature dipendenti dalla bottiglia, molto più di quanto non faccia con gli uomini che alzano il gomito. Così facendo lo stigma raddoppia, e raddoppia la devianza perché contribuisce a negare loro la possibilità di chiedere aiuto. “Vale per tutte le dipendenze, dalle droghe all’abuso di farmaci alle ludopatie, ma è evidente nei casi crescenti di alcolismo, fenomeno esploso e comunemente accettato in frangenti sociali collettivi molto comuni, come aperitivi, cocktail e feste che, finita l’emergenza dovuta al Covid, ora sono all’ordine del giorno. Segnalo ad esempio il fenomeno crescente della ‘drunkoressia’ che colpisce le giovani donne che in occasioni sociali tendono a bere piuttosto che mangiare, - chiosa Cristina Galassi, terapeuta e coordinatrice clinica all’Istituto europeo dipendenze (Ieud) che lancia un allarme sul peso dello stigma in grado di ostacolare il ricorso ai percorsi di cura.
“La frattura con la società nei confronti delle donne alcoliste è più evidente e la reazione collettiva dell’esclusione e dell’isolamento è di sicuro più aspra. La donna generalmente assolve il compito di prendersi cura, ad esempio  dei figli e della famiglia, si nega perfino loro il bisogno di essere aiutate, ascoltate, comprese. La vicinanza è invece un passaggio prezioso per accompagnarle verso percorsi di recupero presso le strutture pubbliche, i centri di ascolto delle Asl o i centri privati presenti nella penisola,”  precisa la specialista.
Lo stigma sociale ha ripercussioni pericolose e dolorose sulle donne che tendono a dissimulare o nascondere la situazione tanto da peggiorare la dipendenza stessa. “Sono ghettizzate, giudicate in modo errato  e, quando vanno avanti con gli anni, lo sono ancora di più. Le alcoliste ‘mature’ bevono da sole, isolate, nascondendo ad esempio il whisky in una lattina di cola anche in ufficio, ad esempio. Si nascondono nelle stesse mura domestiche dagli stessi parenti che provano a contenere il problema per tentare di proteggerle dallo stigma, – precisa Galassi. – Dobbiamo invertire questa tendenza pericolosa, tutti possiamo dare un contributo smettendo di girare la testa dall’altra parte o avendone perfino timore, umanizzando il tema praticando un linguaggio corretto, rispettoso e gentile che limiti il rifiuto sociale”. In che modo? “Prima di tutto educando la collettività a cosa sia l’addiction in modo da renderlo più familiare e non ignoto. Poi utilizzando parole gentili e comportamenti di vicinanza”.
L’esperta boccia la tipica domanda ‘cos’hai? Stai male?’ . “Meglio dire loro che sappiamo della loro sofferenza e che siamo vicini e pronti all’ascolto. Cogliere il disagio e ascoltare, gentilmente. Non cadiamo nella trappola che ‘te la sei cercata’ , giudicandole o facendo finta di nulla.  La breccia si apre sgretolando i preconcetti, stando in ascolto come una radio accesa, che riceve le frequenze cogliendole.  La gentilezza dell’ascolto e della vicinanza è questa, una chiave che contribuisce all’invito a rivolgersi ai centri di aiuto, con affetto e fiducia”, conclude la specialista. 

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