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Un anno di smart working, le più frequenti 'scuse digitali'

Produttività aumentata da casa ma anche il desiderio di lottare contro l'iper connessione

Redazione Ansa

Da circa 570mila impiegati nel 2019 a 6,58 milioni durante il primo lockdown, per poi arrivare verso i 5,35 milioni attuali come registrato dai dati raccolti dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano: sono le cifre, di crescita esponenziale in Italia, dello smart working, o meglio del lavoro da casa (WHF) come è più corretto definire l'aver trasferito l'ufficio a casa per l'emergenza sanitaria della pandemia in corso da quasi un anno. Con l’era dello smart working sono nate anche nuove “scuse digitali”. È vero per l’86% dei rispondenti, mentre il 42% ha confermato di aver utilizzato almeno una volta una di queste giustificazioni per declinare una riunione o un meeting online, secondo quanto è emerso da un sondaggio condotto tra la instagram community di Wiko. 
Se, da un lato, la tecnologia ha sopperito all’impossibilità di potersi incontrare e offerto la digitalizzazione degli uffici, dall’altro ha ampliato i confini temporali e il concetto di “disponibilità” per cui il 43% dei partecipanti alla survey ammette di sentirsi sempre più in dovere di giustificarsi se non risponde immediatamente a un input.
Così si parte con il repertorio delle scuse più frequenti, tutte in linea con la nostra “nuova normalità”.
Se il meeting, ad esempio, non va come dovrebbe è ovviamente tutta colpa della connessione (66%), mentre per evitare di rispondere ad una domanda a bruciapelo, secondo il 67% dei rispondenti al sondaggio, si ricorre al microfono in mute. Abusato è l’utilizzo di sfondi improbabili per nascondere il caos nell’appartamento. Una soluzione classica e scontata per il 65% degli utenti coinvolti. E poi: i rumori di sottofondo sono sempre responsabilità del partner in call (57%) o dei poveri vicini intenti a fare pulizie o ad ascoltare musica (43%). Per non parlare dei corrieri: citofonano sempre quando si sta per iniziare qualcosa di importante e ovviamente fanno fare tardi (24%). 
Da sottolineare però che un 76% di più rigorosi ha resistito alla tentazione di non usare questa scusa.
Tra tanti pro e contro, uno dei vantaggi indiscussi dello smart working è sicuramente quello di non doversi presentare in ufficio di persona e di conseguenza quello di poter trascurare il proprio look, motivo per cui il 72% dei rispondenti ha ammesso di ricorrere allo stratagemma di tenere spenta la telecamera durante i meeting per evitare di mostrarsi ancora in pigiama o con outfit improbabili.
Eppure, nonostante le scuse, i dati mostrano un importante incremento della produttività del lavoro svolto da remoto. La connettività e la tecnologia che in questi mesi ci hanno permesso di restare in contatto e di proseguire efficacemente il lavoro hanno i loro pro e contro come tutte le cose. La sfida per il futuro sarà quella di salvare “il buono”, recuperando i propri spazi e cogliendo solo i lati positivi della flessibilità.

 

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