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Uomini che odiano online le donne (che lavorano)

Quinta mappa Intolleranza di Vox, cresce l'hate speech misogino

Una donna al computer foto iStock.

Redazione Ansa

 "Forti, continuati, concentrati": sono gli attacchi contro le donne secondo la quinta Mappa dell'Intolleranza di Vox - Osservatorio Italiano sui Diritti.
    Una misoginia in 60 caratteri che non ha come oggetto solo il corpo delle donne ma i loro talenti, la loro competenza e professionalità.
    "È il lavoro delle donne, dunque, a emergere quest'anno - scrivono i relatori della ricerca, realizzata in collaborazione con l'Università Statale di Milano, l'Università di Bari Aldo Moro, Sapienza - Università di Roma e IT'STIME dell'Università Cattolica di Milano - quale co-fattore scatenante lo hate speech misogino: un elemento, mai apparso con questa evidenza nelle precedenti rilevazioni, che pare ricondurre alla riflessione più ampia circa le possibilità lavorative delle donne legate al nuovo modo di lavorare durante la pandemia, con un focus di attenzione alla modalità smart working".
    Se da una parte l'odio online, analizzato dal numero di tweet negativi, è notevolmente diminuito a livello quantitativo rispetto allo scorso anno, passando dal circa 70% di contenuti discriminatori e offensivi al 43% del 2020, dall'altra il livore dei leoni da tastiera ha cambiato destinazione, concentrandosi con maggior accanimento contro le donne. "Il problema secondo me è che la nostra società è ancora molto maschilista e patriarcale, dove le donne vengono giudicate in maniere differenti" ha detto Chiara Ferragni su instagram in un video sui pregiudizi di genere già visto da più di 3 milioni di persone. E l'imprenditrice digitale ha ragione, come dimostrano i dati di Vox; nel 2019 i cluster più colpiti dallo hate speech erano migranti (32,74%) e donne (26,27%). Nel 2020, occupano i primi due posti donne (49,91%) ed ebrei (18,45%), seguiti dai migranti (14,40%).
    La quinta edizione della mappa si restringe in un focus dedicato a giornaliste e giornalisti, firmato in collaborazione con Giulia - Giornaliste Libere Autonome, che avvalora i risultati della ricerca generale. Nonostante il numero dei tweet rivolti alle giornaliste risulti inferiore rispetto a quello dei colleghi, secondo l'analisi la frequentazione del profilo di una giornalista appare più concentrata sull'attacco personale che sui contenuti. Al consueto body shaming, si accompagnano attacchi sulla presunta incompetenza o inadeguatezza della professionista e su caratteristiche personali e di carattere. Un andamento, riscontrato anche dall'analisi della misoginia online, che per i ricercatori sembra confermare una sorta di accanimento contro la figura della donna che lavora.
    Ne sa qualcosa anche la virologa Ilaria Capua: "Gli insulti e le volgarità sulla mia proposta di allestire temporaneamente dei #CineVax - ha scritto ieri su Twitter - battono tutti i record dell'Insultometro". 
   

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