Rubriche

In Italia nella Pubblica Amministrazione donne al 35%, minimi in Ue

Tante in scuola e sanità. Guerra, gender gap è priorità centrale

Impiegata in un archivio foto iStock.

Redazione Ansa

Quanto contano le donne nelle politiche pubbliche. È quanto stima il bilancio sperimentale di genere del ministero dell'Economia, inviato dal ministro Roberto Gualtieri ai presidenti di Camera e Senato. E il primo dato è uno zero virgola. Ammontano infatti allo 0,3% del totale le spese del bilancio dello Stato mirate a ridurre diseguaglianze di genere, 2,17 miliardi.
    Queste risorse sono direttamente rivolte a contrastare un divario tra donne e uomini che è definito "ancora rilevante", sia in termini di occupazione che di retribuzione. Anche nel pubblico impiego, le lavoratrici sono ai minimi in Europa: rappresentano circa il 35% dei dipendenti nel settore Pubblica amministrazione e difesa, previdenza sociale e obbligatoria, nel 2018.
    Anche in settori nei quali le donne sono la maggioranza, come l'istruzione e la sanità, dove superano i tre quarti degli occupati, le lavoratrici faticano a fare carriera. Medici e professori universitari sono prevalentemente uomini. Le dottoresse non superano il 42% del totale e le docenti il 38%.
    Complessivamente, l'occupazione femminile ha superato la soglia del 50% per la prima volta nel 2019, ma è ancora distante dai livelli di altri paesi europei (la media dell'UE-28 è al 64,1%). Il divario rispetto agli uomini è di 17,9 punti percentuali, e anche in questo caso l'Europa è lontana, con una media del 10,4%.
    "Continuano ad aumentare le donne che lavorano ma molta strada rimane da fare per favorire il loro accesso al mercato", scrive il Mef aggiungendo che "sono soprattutto le donne tra i 45 e i 54 anni a contribuire alla maggiore occupazione femminile"; mentre "rimangono indietro le più giovani e le residenti al Sud e nelle Isole".
    Nel Mezzogiorno il tasso di occupazione è poco più della metà di quello del Nord, il 32,3%. E le altre grandi assenti del mercato del lavoro sono le giovani.
    Lavora poco più di una ragazza su tre con meno di 35 anni, nel 2019, e la situazione è più difficile per le giovani mamme con figli piccoli. Le madri occupate tra i 25 e i 34 anni sono solo il 60% per cento rispetto alle donne occupate senza figli della stessa età. . Per intervenire, il Mef ha individuato "un'area rilevante del bilancio", su cui è possibile lavorare per ridurre le disuguaglianze di genere "senza necessariamente generare nuovi oneri". Queste spese ammontano al 16,5% del totale (al netto delle spese per il personale), pari a 118 miliardi e 700 milioni di euro.
    "Per ridurre i divari di genere - afferma la sottosegretaria all'Economia, Maria Cecilia Guerra, che presenterà il bilancio di genere in un'audizione alle V commissioni di Camera e Senato martedì 20 - non sono sufficienti sussidi, agevolazioni fiscali o interventi occasionali, ma serve una nuova e organica visione dei rapporti economici e sociali", a partire dall'organizzazione del lavoro, dalla condivisione del lavoro di cura e dai servizi pubblici. Questo tema, sottolinea Guerra, "è al centro delle priorità collettive che la crisi attuale ci ha chiesto di ridefinire". (ANSA).
   

Leggi l'articolo completo su ANSA.it