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Michael Douglas, 'le mie scene di sesso che scandalo'

"Ricordo le facce a Cannes per Basic Instinct, fu imbarazzante"

Redazione Ansa

La famiglia prima di tutto, il rapporto con il patriarca Kirk, pioniere di Hollywood che è morto tre anni fa quasi centenario, e poi il suo impegno contro la diffusione delle armi da salotto, il rapporto con le giovani generazioni, la figlia ventenne Carys Zeta, gli incontri magici di una carriera con due Oscar (il primo da produttore per Qualcuno volò sul nido del cuculo di Milos Forman e il secondo da protagonista di Wall Street di Oliver Stone), tantissimi premi e da ora anche la Palma d'oro onoraria. Michael Douglas, 78 anni, scampato ad un cancro alla gola, curato in passato per dipendenza sessuale (senza dimenticare quelle per alcol e droga), volto della Hollywood degli anni '80 con grandi successi al botteghino, ha l'età dei bilanci e degli aneddoti, come i tanti che ha raccontato nella masterclass al festival di Cannes accolto dagli applausi.
Come quella volta, era il 1992, in cui "scioccammo la platea di Cannes con la premiere di Basic Instinct. Adesso forse il film di Paul Verhoeven passerebbe quasi inosservato allora fu uno scandalo passato agli annali. Mi ricordo le facce degli spettatori con tutte quelle esplicite scene di sesso, con Sharon Stone e Jeanne Tripplehorn sugli schermi giganti. Seguì una cena con tutti in imbarazzo. Ma poi non ci fu moglie francese che non convinse il marito ad andare al cinema". Un altro ricordo legato a Cannes è più recente per Dietro i candelabri, in cui Douglas è un gigante nell'interpretazione del pianista Liberace.
"Avevo fatto cicli di chemio per contrastare il cancro che mi aveva preso alla gola e alla lingua. Lo script era meraviglioso ma quando si trattò di cominciare la preparazione con Steven Soderbergh fu chiaro che anche senza dirmelo ero uno scheletro. Così fu rimandato per quando mi fossi ripreso. E' uno dei film che preferisco", racconta e anche qui aggiunge l'aneddoto: "quel fantastico attore di Matt Damon interpretava il mio amante. Avevamo una scena di sesso, mi si avvicinò e gli sussurrai: 'non ho niente in contrario'". Le scene di sesso a quanto pare sono una costante, ricorda anche quelle di Attrazione fatale ad esempio, "non sono confortevoli. Per Basic Instinct ci fu anche l'intimate coach sul set, Sharon fu pazzesca, bisogna immaginare quei momenti come danza, come coreografia, la mano prima di qua, le labbra di là...".
Altro clima per il divertente La guerra dei Roses, altro successo al botteghino, 1989, con Kathleen Turner: "convinsi il regista Danny DeVito, uno dei miei migliori amici a cambiare il finale, i due finivano per ammazzarsi. Quando si trattò di girare l'altra versione con Kathleen appesa al lampadario, Danny diede lo stop per la pausa pranzo e lasciò lei a fluttuare urlante". Un altro dei suoi grandi amici oltre a Jack Nicholson è Oliver Stone che lo diresse in Wall Street. "Per Gekko voleva che fossi un vero villain ma la cosa evidentemente non è riuscita perchè quel personaggio è nel cuore di tutti. Per farmi essere più cattivo mi provocava: 'sei fatto di droga' mi diceva per farmi arrabbiare". Proprio quel grande successo, premiato con la statuetta, fece fare in famiglia il salto a Michael Douglas, il cui confronto con il grande Kirk è evidentemente un tema da psiconalisi. "Finalmente uscii dalla sua ombra", racconta, ma poi aggiunge: "lo ammiro sempre di più, è stato un uomo straordinario e oggi sarebbe orgoglioso di me. Penso - prosegue - che la mia famiglia sia tutto, da solo non sono un granchè, il premio ricevuto mi ha reso felice anche perchè sento la mia famiglia orgogliosa di me, il loro supporto è fondamentale". La figlia Carys Zeta ha accompagnato a Cannes mamma e papà "vuole fare l'attrice", dice Michael.
Il rapporto con le giovani generazioni gli interessa: "Ho partecipato agli Avengers perchè volevo un contatto con tutti quei ragazzini che non hanno idea dei miei film precedenti. E poi Ant Man e Avangers mi hanno fatto andare al Comicon, un posto pazzesco, mi sono trovato come un ragazzino nel negozio di caramelle". Con la tv è stato un apripista se pensiamo ai telefilm degli anni '70 Sulle strade di San Francisco e più recentemente alla serie Netflix il Metodo Kominski, al cinema ha diradato gli impegni, ha appena girato in Francia una miniserie in cui interpreta Benjamin Franklin, il padre fondatore dell'America e "ora mi prendo una pausa per concentrarmi sul mio impegno per le Nazioni Unite contro le armi". E'convinto che lo sciopero degli sceneggiatori presto si risolverà, "sono rivendicazioni giuste, il loro salario è minimo, lo streaming è esploso ma a guadagnarci sono solo le star". Dopo il documentario di Oliver Stone Nuclear ha cambiato idea sul nucleare, mentre sull'intelligenza artificiale dice "potrà diventare un problema ma a me piacerebbe trasformarmi in un oleogramma con cui parlare".
Per chiudere l'incontro ripete come un mantra: "Credere in se stesso è la cosa da imparare giorno dopo giorno, non smettere mai, non è mai abbastanza".

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