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Laika, la mia arte è azione, la mia rabbia sul muro

Street artist romana si racconta senza maschera

Redazione Ansa

 La giacca a vento bianca, i pantaloni tecno arancioni, la parrucca rosso fluo, i guanti di gomma, la maschera bianca sul viso: non passa inosservata per quanto voglia mantenere sconosciuto il suo aspetto e la sua vera identità. In pochissimi anni Laika è diventata tra le più note street artist italiane. Nel 2019 il poster sul calciatore Daniele De Rossi a Testaccio prima della sua ultima partita con la Roma 'In hoc signo vinces', diventato immediatamente virale, le ha dato la prima popolarità e non solo tra i tifosi romanisti come lei. Il nome d'arte è un omaggio alla cagnetta che salì nello Sputnik nel 1957 e se le chiedi come si definisce, risponde 'attacchina'. Tutto questo, come si vede anche nel film a lei dedicato 'LIFE IS (NOT) A GAME' presentato alla Festa di Roma, opera prima di Antonio Valerio Spera, è riduttivo e la sua arte è diventata davvero molto altro. Come Banksy ("il numero 1"), come TvBoy ("lo ammiro tantissimo"), come Maupal ("il suo Papa è un uomo dolcissimo"), Laika è una artista di strada il cui messaggio arriva forte e chiaro ed è (quasi) sempre di protesta, "è incredibile la potenza che può avere un poster sul muro a smuovere le persone, a farle sentire coinvolte", dice in un'intervista all'ANSA. "Il messaggio per me - prosegue - viene prima del lato artistico. E' una vera e propria azione con effetti immediati, fin che sta lì sul muro dove cammini non puoi evitarlo, ti fa pensare". Accanto ai migranti, facendo abbracciare Giulio Regeni e Zaki, svelando la fake news dei cibi cinesi nei primi giorni della pandemia, Laika scardina le convinzioni comuni, si espone, 'fa politica'. In questi anni lei, come Banksy e tanti altri street artist, ha dato con impegno sociale e politico in prima persona forza e dignità all'arte di strada, da sempre la cenerentola delle arti. "Un po' si, il clima è diverso, sui writer invece culturalmente c'è ancora tanto da fare - aggiunge - penso alle opere di Geco a Roma, considerate vandalismo mentre lui è un performer". Come nasce il suo processo creativo? "Dalla rabbia molto spesso, ma non voglio urlare, devo metabolizzare. A Ferragosto ho attaccato a Via Nomentana a Roma Zapatos Rojos, Save Afghan Women, la donna con il burka e i tacchi alti rossi, ma l'avevo disegnata mesi e mesi prima quando a Kabul sono tornati i talebani e purtroppo è rimasta lo stesso di attualità.
    Ora ragiono sull'Iran, su donne, vita e libertà, voglio fare qualcosa".
    Laika rivendica l'interesse per le tematiche forti, che generano dibattito: "Parte tutto dalla mia emozione, dal mio moto ribelle, questo è il motore di tutto e si fonde con la mia coscienza sociale e politica". Perché non si svela? "Ho avuto minacce di morte, ma non è per questo - racconta - mi voglio sentire libera di vivere fuori Laika. La privacy è importantissima per me, devo preservare la vita quotidiana. L'ho deciso dall'inizio, mi sembrava una responsabilità troppo grande essere Laika pure al supermercato, poi forse sono paranoica ho pensato che se nessuno mi riconosce posso andare ovunque. E così è successo, sono entrata nella zona rossa in Bosnia senza essere controllata".
    Il film documenta il suo impegno accanto ai rifugiati della rotta balcanica, a chi tenta "il game"(come si dice in gergo il tentativo di attraversare il confine con la Croazia). Laika all'inizio del 2021 è stata lì per denunciare le atroci condizioni di vita dei migranti e poi nell'aprile del 2022 è stata in Polonia, al confine con l'Ucraina. Quel lavoro a Przemysl s'intitola 'All refugees welcome!' e raffigura bambini in fuga da ogni guerra. Ormai uscita da Roma come vede il suo futuro? "Ancora più lontano e se sarà in qualche collettivo artistico in mostra in un museo andrà bene, resto un pesce fuor d'acqua, ora sono insieme ad altri nelle gallerie, ma non credo significhi tradire ciò che faccio, è la visibilità ai messaggi che mi sta a cuore".    Laika 'è' artista a tempo pieno, si mantiene con la vendita delle sue opere riprodotte e con le mostre.
    Life is (not) a game è prodotto da Morel Film e Salon Indien Films e sarà distribuito a gennaio 2023 da Kimera Film e Morel.
   

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