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Lucia Bosè, mai il cinema prima della vita

Attrice, Visconti? come un fratello, Gardner la più bella. I ricordi tristi di Milano in guerra

Redazione Ansa

Solare, ironica, trascinante nella sua simpatia, apripista con quei capelli blu tinti in tempi non sospetti, Lucia Bosè 88 anni splendidamente portati, ha sempre avuto ben chiare le prorità, da quando 11enne, durante la guerra, dopo il bombardamento della sua casa, vicino Milano, "la mia famiglia, andando via con tutte le nostre cose, si stava dimenticando di me, che ero vicino alle macerie. Ho corso e mi sono attaccata alla corda di uno dei carri, e sono ancora attaccata a quella corda". Lei ha capito in quel periodo "che la vita va vissuta appieno, guardando sempre avanti e sono arrivata alla mia età felice e serena". L'attrice lo racconta nell'incontro con il pubblico organizzato per l'uscita di 'Lucia Bosè. Una biografia' di Roberto Liberatori (Edizioni Sabinae). Il cinema "per me è stato un mestiere che ho cercato di fare con arte. Non gli ho sacrificato tutto, volevo continuare a vivere" spiega.

L'ora è stata densa di aneddoti, riflessioni e risate. "Visconti - dice - era come un fratello, quasi un amante. Mi ospitò anche a casa sua e fu lui a scoprirmi. Avevo 15 anni, venne nella pasticceria a Milano dove lavoravo, mi guardò e mi disse che ero un animale cinematografico. Allora mi sembrava matto". Ava Gardner "è stata la donna più bella che abbia mai visto, era molto simpatica e selvaggia". Da 60 anni Lucia Bosè vive in Spagna (dove si trasferì per sposare Dominguin ("lì mi consideravano, esendo italiana, comunista e qui il contrario, siccome vivevo sotto la dittatura franchista".

Per quanto ami l'Italia "non ci tornerei mai a vivere. L'ho promesso ai miei figli dopo la separazione". L'addio al cinema l'ha dato nel 2013, con Alfonsino Y el mar di Davide Sordella e Pablo Benedetti: "Un film difficilissimo, girato in Cile. Durante i lunghi percorsi molti svenivano, io resistevo masticando foglie di coca". Nella conversazione moderata da Alberto Crespi, a cui hanno partecipato anche Liberatori, l'amico regista Maurizio Ponzi, entrano anche ricordi traumatici, come quello di Piazzale Loreto: "Andai con altri bambini e ho visto Mussolini e Claretta Petacci appesi a un metro da me. Sono scappata via subito per la paura mentre tutti gli buttavano pomodori e patate". Un accenno agli amori come quello con Dominguin, che lei chiama sempre e solo "il torero": "non voleva facessi cinema, ma un film con Bunuel, Gli amanti di domani, me l'ha dovuto far fare, avevo firmato il contratto prima del matrimonio". Walter Chiari è stato solo "un fidanzatino, ci fermavamo ai bacetti". Tra le memorie di set, lo schiaffo che ricevette da Visconti, " dopo 40 ciak di una scena molto seria, perché guardando Citto Maselli suo assistente, mi venivano in mente le sue battute e continuavo a ridere. Luchino fece bene". Fellini era "un uomo adorabile". L'esordio con De Santis, in Non c'è pace tra gli ulivi (1950) "è stato durissimo per le condizioni di riprese. Ma allora si faceva vero cinema, oggi si usano i computer".

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