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Cate Blanchett, Woody Allen? Un enigma

A Roma, "cinema esercizio antropologico". Omaggia Gena Rowlands

Redazione Ansa

Magnetica, aristocratica, generosa, elegante, ironica, distante, professionale, perfettina, la divina Cate Blanchett è tutte queste cose insieme. Alla Festa del cinema di Roma è la star acclamata da un pubblico anche molto giovane: un incontro per ricordare momenti importanti della sua carriera, fare in tempo ad omaggiare il suo mito Gena Rowlands, glissare abilmente il tema spinoso del presunto molestatore Woody Allen che l'ha diretta in Blue Jasmine offrendole l'opportunità della seconda interpretazione da Oscar. "Allen? Un enigma", ha detto l'attrice australiana dribblando. "Scorsese? Ilare. Spielberg? Vorace", ha giocato con gli aggettivi. Il suo ultimo film presentato alla festa è il fantasy The House with a clock in its Walls di Eli Roth, in uscita il 31 ottobre, ma lei ad onore del vero non l'ha neppure citato nel dialogo con il direttore del festival Antonio Monda.

I film simbolo della sua carriera - esplosa giusto 20 anni fa con la stupenda interpretazione da Golden Globe della regina Elisabetta I in Elizabeth, di Shekhar Kapur -  sono sette e non in ordine cronologico ed esclusi quelli più popolari come Robin Hood di Ridley Scott, Il signore degli anelli, Thor: Ragnarok. Eccoli: Il curioso caso di Benjamin Button di David Fincher con Brad Pitt, Carol di Todd Haynes, Bandits di Barry Levinson con Bruce Willis e Billy Bob Thornton, Diario di uno scandalo di Richard Eyre, Io non sono qui di Haynes, Blue Jasmine, The Aviator di Martin Scorsese (l'altro Oscar) più il suo film del cuore Opening Night di John Cassavetes.

Blanchett svela, o forse conferma, la sua passione primaria per il teatro, il cinema è "esercizio antropologico. Interpretare un personaggio che è diverso, lontano da te, coglierne ogni aspetto. Ma è anche un oggetto finito". Il teatro, con la sua formazione a Sidney e la continua frequentazione (ha citato tra l'altro la collega di tourneè Isabelle Huppert, sabato 20 ottobre al festival), è ben altro: "percezione diretta, trasformazione ogni sera davanti ad un pubblico diverso, interpretazione, coinvolgimento, tensione". E anche responsabilità: "se fai una schifezza la gente non viene più, al cinema anche se hai dato una fregatura tornano". Il personaggio di Gena Rowlands nel suo film del cuore, visto cento volte, un'alcolista che trova difficile invecchiare è in qualche modo la sua ispirazione nell'essere attrice: "trovare quello spazio misterioso tra attrice e persona, tra se stessi e il ruolo, il personaggio".
    Commentando il set con Allen ha spiegato di aver trovato "misterioso di essere stata scelta. Pensavo mi avesse vista a teatro a Ny in Un tram chiamato desiderio invece no. Allora ho pensato ad una connessione spirituale". Nessun ricordo da raccontare, "nel cinema troppa elaborazione non serve, meglio un impulso iniziale. Poi sul set non c'è molto altro da fare".
    Diverso l'incontro con Scorsese: "quando mi chiamò per The Aviator ero a Sidney, mi tremavano le ginocchia, sembrava avessi il parkinson. Ho detto sì di slancio, poi ho capito per quale ruolo, quello di Katherine Hepburn e allora mi sono terrorizzata. Un'attrice mito, che ha fatto tanto per le donne e per le donne nel cinema". Una riflessione sul genere femminile arriva con Carol in cui interpreta una omosessuale nell'America degli anni '50, che lascia il marito perchè si innamora di una commessa. "Sono stata profondamente scioccata per le domande che mi sono arrivate sulla mia personale inclinazione sessuale, neanche fosse una malattia. Quando ho interpretato un elfo nessuno mi aveva chiesto su fossi immortale. Non ho mai pensato ad un personaggio rispetto ad un genere sessuale ma alla sua umanità".
   

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