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Rino Barillari, vedi alla voce paparazzo

Da Dolce Vita a Capaci, fotostory di un genere a Festa di Roma

Redazione Ansa

Pizza, Ferrari e Paparazzo: è il podio delle parole italiane più conosciute al mondo, veri e propri nomi-brand. Il termine paparazzo si deve ad un genio del cinema italiano, Federico Fellini (inventore per altro di altre parole fantastiche come vitelloni e amarcord, titoli dei suoi film entrati nel linguaggio comune). L'origine è nota: la cronaca mondana degli anni della Dolce Vita a Roma, tra gli anni '50 e '60, era una sorta di guerriglia tra fotografi e personaggi famosi. Fellini, affascinato dai racconti di Tazio Secchiaroli, decise di chiamare Paparazzo il personaggio del fotografo della Dolce vita. Da quel film il nome divenne un genere fotografico, un mestiere, una categoria e infine una parola internazionale senza bisogno di traduzione.

Se Secchiaroli è il maestro, Rino Barillari è l'allievo, un ragazzo calabrese di talento che arriva a Roma, ossia al posto giusto nel momento giusto. Fellini lo adotta, lo chiama the King of Paparazzi e il nome resterà sempre nel suo biglietto da visita, anche oggi che ha festeggiato 60 anni di un'incredibile carriera. La Festa di Roma (18-28 ottobre) lo celebra con una mostra al Maxxi e un catalogo a cura di Giancarlo Scarchilli e Massimo Spano (Istituto Luce-Cinecittà e edizioni Sabinae).

Al celebre fotoreporter, cui si devono immagini simbolo della storia italiana, non solo di quella di Liz Taylor e Richard Burton, della principessa Beatrice di Savoia e Maurizio Arena nei dintorni di una Via Veneto centro del jet set, ma anche successivi storici scatti del '68, dell'omicidio Pasolini, del rapimento Getty, dell'attentato a Papa Wojtyla, l'arresto in manette di Enzo Tortora, la lunga stagione delle Brigate Rosse, le stragi di mafia.

La storia di Saverio Barillari (detto Rino), nato a Limbadi, in provincia di Vibo Valentia, è epica. Comincia giovanissimo: a 14 anni emigra a Roma in cerca di fortuna. Con i primi soldi che guadagna compra una macchina fotografica usata: una Comet Bencini. Comincia vendendo le foto scattate, anche a costo di pugni in faccia, ai protagonisti della Dolce Vita ad agenzie giornalistiche come ANSA, Associated Press ed UPI. Dopo il 1968, inizia ad occuparsi di manifestazioni di protesta, cronaca nera, terrorismo e attentati di mafia; prima per il quotidiano Il Tempo e successivamente per Il Messaggero.

Nel bilancio dei 60 anni di carriera anche effetti collaterali di tutto riguardo: 163 cure mediche al Pronto Soccorso, 11 costole rotte, 1 coltellata, 76 macchine fotografiche fracassate. Barillari - a vedere oggi tutte in fila le sue foto, oltre ai fatti storici mettono i brividi le tante che ha dedicato ai primi morti per droga, visibili negli anni '70 oggi dimenticati dai media - è una celebrità ma anche un simbolo della passione per il lavoro di cronista.

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