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Giorgio Armani, l'etnico in città e l'inclusione gentile

Stilista, no a facile emotività e a teste mozzate in passerella

Redazione Ansa

Mentre nelle strade di Milano scendono in piazza estrema destra e antifascisti, Giorgio Armani porta in passerella una collezione "senza confini, ricca, che attinge - dice - a molte culture per creare una moda in cui la compresenza si oppone all'esclusione".
    Una proposta all'insegna dell'inclusione "gentile": "ho sempre pensato al mio lavoro come una risposta al tempo presente, perché gli abiti - spiega - influenzano comportamenti e modi d'essere". Così, a domanda precisa sui cortei di oggi, Armani fornisce suggerimenti su come portare anche fuori dalla moda la sua formula di integrazione: "non volere a tutti i costi strafare con un'emotività facile". Non che certi toni siano assenti dalle passerelle: anche qui c'è un'emotività facile "che è una spettacolarizzazione. Uno può fare ciò che vuole ma, fatemelo dire, se metto in pedana una testa, sotto un braccio, mozzata, siamo al limite e io - sottolinea - non sto a questo gioco, mi tolgo da questo gioco. Non vorrei neanche che i miei guardassero ciò che hanno fatto gli altri. Se quello che fanno gli altri è questo, meglio che stiamo a casa nostra". Il riferimento è alla sfilata di Gucci, dove Alessandro Michele ha fatto uscire in passerella due modelli che avevano in mano la copia perfetta della loro testa.
    Armani sceglie un altro modo per catturare l'atmosfera di oggi, e lo fa mescolando segni da mondi diversi, accogliendo tracce di altre culture, per poi legare tutto insieme con quello che definisce "il mio gusto per l'eleganza lineare". Ecco così i pantaloni dalla linea morbida, vagamente mediorientale, con le giacche a guru e gli enormi e coloratissimi baschi in ecopelliccia. E poi i cuissards stringati insieme alle gonnelline mosse da nodi, alle cappe e alle collane con mezzelune e nappine. E ancora le mantelle chiuse da cinture, le sottane pittoriche con orli asimmetrici, le giacche ricamate e scintillanti, l'abito salopette portato a nudo, così come il completo di velluto nero. "E' l'etnia che si porta in città, mescolando - spiega Armani - ciò che piace di più".
    Nel suo viaggiare, lo stilista è stato pioniere dell'espansione del mercato in Oriente e il 25 maggio tornerà in Cina per One Night Only in Shanghai, un grande evento nel corso del quale presenterà una retrospettiva delle sue collezioni di Alta Moda. A chi gli chiede quale sia la provenienza che gli piace di più, risponde però senza esitazioni "casa mia". Ed è qui che oggi ha scelto di presentare 'Una giacca', il cortometraggio nato dalla prima edizione di Armani/Laboratorio, progetto di formazione cinematografica tenuto da mentori come il regista Michele Placido e la costumista premio Oscar Gabriella Pescucci, che hanno seguito 8 giovani nella realizzazione del video, proiettato subito dopo la sfilata. Interpretato da Sara Serraiocco e Lorenzo Richelmy, in sei minuti il corto racconta il valore di una giacca (Armani, ovviamente), per chi la indossa.
   

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