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Il cibo non va sprecato, 5 esempi di multinazionali che trasformano i rifiuti in golosità

Il food waste va contrastato su tutti i fronti. L'analisi FutureBrand

snackfutures - DirtKitchen snacks

Redazione Ansa

Secondo una ricerca di Food Navigator, lo spreco alimentare rappresenta dal punto di vista non solo ambientale, ma anche etico ed economico, una piaga pari alle emissioni di carbonio. Il tema, che è stato in agenda a Cop26 a Glasgow, se valutato in termini di opportunità per i brand, rivela un grande potenziale: emergere in un mercato saturo e omologato, prendendo una posizione forte e trasformandola nel proprio scopo.
In linea di principio, nessuno vuole sprecare cibo, specialmente in famiglia dove si insegna il valore degli alimenti e si tramanda il senso di colpa per ogni frutto, verdura o pezzo di pane gettato via. Eppure, è proprio tra le mura domestiche che si registrano i dati peggiori. Secondo l’UNEP Food Waste Index 2021, nel 2019 sono andate sprecate 931 milioni di tonnellate di cibo – di cui il 61% proprio in famiglia (a seguire il settore food service 26% e il retail 13%). Eliminare lo spreco di cibo in casa è il risultato concatenato di una serie di comportamenti che andrebbero adottati sistematicamente – dalla pianificazione dei pasti, al momento della spesa, alla conservazione degli alimenti fino al momento del consumo. Lo dimostra il sensibile calo dei cibi finiti in pattumiera durante il lockdown, quando abbiamo potuto gestire meglio le scorte alimentari. Nel 2020 in Italia abbiamo gettato 27 chilogrammi di cibo a testa, circa 529 grammi a settimana, l’11,78% in meno rispetto al 2019 (Waste Watcher International Observatory on Food and Sustainability, febbraio 2021).
E il ruolo dei brand? Dal suo osservatorio sulle tendenze che influenzano e modificano i consumi a livello globale, FutureBrand ha individuato le strategie dei marchi per contrastare gli sprechi alimentari. Secondo l'analisi della strategist Elena Vardanega: “Adottare un racconto di marca controcorrente, eco-consapevole e proattivo rispetto al food waste è una leva di differenziazione e una modalità per ingaggiare i giovani, più sensibili e informati riguardo ai temi legati all’ambiente e più scettici di fronte a false promesse e strategie di marketing”.
Numerosi gli esempi virtuosi individuati dall’analisi di FutureBrand. In Canada, il marchio di maionese Hellmann di Unilever ha sperimentato lo Use-Up Day coinvolgendo mille famiglie: i partecipanti sono stati invitati a combinare gli avanzi di cereali, proteine e verdure con vari tipi di spezie per creare nuove ricette. Grazie a questa iniziativa, le famiglie hanno ridotto lo spreco alimentare in media del 33% in cinque settimane (secondo i dati di Food Navigator). Altro esempio è rappresentato dall’israeliana Wasteless, tra le sette startup finaliste alla prima edizione di FoodTech Accelerator 2019. Wasteless realizza etichette elettroniche che, grazie a un algoritmo basato sull’intelligenza artificiale scalabile, riducono automaticamente i prezzi, applicando sconti via via che gli articoli si avvicinano alla data di scadenza. Questo progetto in-store permette di ridurre lo spreco alimentare direttamente nel punto vendita oltre a consentire ai consumatori di acquistare prodotti a prezzi più vantaggiosi e ai rivenditori di ottimizzare le entrate.
Un altro dato interessante, che emerge da una recente ricerca di KPGM, riguarda l’interesse per i prodotti sostenibili che durante la pandemia è aumentato per il 37% dei consumatori a livello globale. “Molte marche – evidenzia Vardanega - si stanno dedicando alla trasformazione di potenziali rifiuti in nuove materie prime per prodotti upcycled, prodotti realizzati cioè con ingredienti non destinati al consumo umano, procurati e lavorati utilizzando catene di approvvigionamento tracciabili, che hanno un impatto positivo sull'ambiente”.
La multinazionale americana Mondelez, con in catalogo prodotti dalla Philadelphia ai Ritz, ha collaborato con la Upcycled Food Association per definire le linee guida per le startup che compongono il suo SnacksFutures, l’hub di innovazione in cui  vengono sviluppati nuovi prodotti. Tra questi: CaPao Fruit Bites, snack fatti con scarti dei frutti del cacao, e Dirt Kitchen Snacks, che propone veggie crisps a base di pomodori, zucchine e carote essiccati. Oltre a Mondelez, ci sono molti altri brand che convertono possibili rifiuti organici in ingredienti per bevande, barrette proteiche e altro. Il trucco è impiegare gli ingredienti riciclati per ricette e prodotti ultra-appetibili come ha fatto Unilever nella sua linea di gelati Cremissimo in Germania, proponendo un nuovo gusto al cioccolato prodotto con gelato altrimenti inutilizzato (40%). Dal suo lancio nel 2020, Cremissimo ha venduto 1,2 milioni di vaschette – consentendo un risparmio totale pari a 160 tonnellate di gelato (Unilever, 2021). A infrangere i canoni estetici ci ha pensato Babaco Market, la start up che raccoglie frutta e verdura di stagione scartata per piccoli difetti o perché non conformi agli standard dei canali di distribuzione. I prodotti vengono consegnati direttamente a casa ogni una o due settimane in un box con ricette e consigli anti-spreco.
“Il food waste - conclude Vardanega - va contrastato su più fronti: brand, istituzioni e consumatori devono tutti fare la loro parte. Le marche devono trasformare radicalmente il concetto di rifiuto: da elemento di scarto a risorsa da utilizzare per la creazione di prodotti upcycled e accessibili. Farsi portavoce di queste istanze aiuta la causa accrescendo anche il valore del brand. Noi consumatori, invece, dobbiamo adottare un approccio più consapevole e pragmatico, abbandonando la cattiva abitudine di gettare semplicemente via il cibo, considerato un rifiuto, introducendo nel quotidiano nuovi modi per riutilizzare gli avanzi, avanzi che diventano materie prime per nuove ricette e preparazioni. Un ritorno al passato, quando il cibo era prezioso.”

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