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Dario Cecchini, macellaio 'filosofo' di Panzano in Chianti

Da tutto il mondo per apprendere i segreti della sua arte

Redazione Ansa

(di Massimo Lomonaco)

   (ANSA) - ROMA - Il macellaio è "un testimone: il delegato della comunità per il sacrificio. E' quello che si occupa della vita e della morte dell'animale per dare il cibo alla comunità". Nel cuore del Chianti, a Panzano, Dario Cecchini da anni porta avanti la sua filosofia sulla carne o meglio sulla "ciccia" come la chiama lui. E dargli ragione sono il successo e la fama della sua Macelleria, con annessi ristoranti. Questo toscano che ama recitare Dante a memoria, dal fisico di canoista e con un passato di yogi, ci tiene a sottolineare che nelle sue radici contadine ''lasciare un pezzo di carne nel piatto, non e' solo un controsenso economico quanto piuttosto un oltraggio alla vita dell'animale''. Perché, se si sceglie di mangiare carne, non si può prescindere da un obbligo morale, da una ammissione etica: ''Garantire agli animali una buona vita e una morte compassionevole''.

''Nella mia famiglia di macellai da otto generazioni, non c'e' - sottolinea con forza - altra logica''. Il rispetto per la carne e' ''un valore'' che Cecchini ha oramai trasportato in tutto il mondo visto che lo chiamano dai più grandi ristoranti per apprendere l'arte. E già si contano 130 i giovani arrivati a Panzano per studiare ''non solo la tecnica'' ma anche la sua strada che - si augura - ''diventi la loro''.''Ci sono tanti figli spirituali, tanti ragazzi che imparano e continueranno sicuramente la tradizione. Non importa se continueranno la Macelleria Cecchini. La cosa giusta - spiega commuovendosi un po' - è la semina. Nella vita di campagna se non hai il coraggio di coltivare la terra, seminare e avere pazienza per l'attesa, non raccoglierai mai''.

E se e' vero - come dice - che ''si possiede veramente solo quello che si regala, come il sapere'', allora ''questi ragazzi in qualsiasi parte si trovino, possono fare il 'Tonno del Chianti', le bistecche alla mia maniera''. O il 'Sushi di carne'', un piatto che lo ha reso famoso e che in molti giudicano indimenticabile. Nei ristoranti di Cecchini ('Solociccia', 'Solociccino', 'Officina della bistecca' e 'Dario Doc', tutti a Panzano) non c'è una goccia di latte (neppure nel dolce, la 'Torta all'olio') ed è sempre stato così: ''Trovo che non mischiare carne e latte sia una regola igienica perché - spiega - quello che i cuochi dimenticano sempre è il fatto che non si cucina solamente un gusto per il palato ma una digeribilità''. Una scelta che richiama in pieno le regole alimentari ebraiche e qui il discorso si allarga. Cecchini - racconta - ''si sente in qualche modo ebreo, pur non essendolo''. Nella sua vita di 60enne iperattivo sono stati molti gli incontri ad averlo segnato in questo senso. Dal fatto che non distante da Panzano, nella fattoria di Ricavo, ci sia stata nel 1934 la prima colonia agricola (acshara') per gli ebrei diretti in Palestina: ''una storia che mi appassiona''. O che uno degli amici del padre sia stato Gino Bartali 'Giusto fra le nazioni' per aver aiutato gli ebrei durante la Shoah. Ma anche perche' e' legatissimo ad una coppia di ebrei americani, tanto da essere diventato una sorta di figlio adottivo. E cosi' non e' raro vederlo in Israele dove ha tanti amici e dove appena arriva tra i suoi primi appuntamenti c'e' il 'Jerusalem mix', pita con fegatini di pollo e cuoricini. Da vero israeliano.

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