Dalle Regioni

Storie di detenuti e inclusione a Roma

Alla Garbatella CarcerArt dibattiti su attività in penitenziario

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 11 GIU - Un video di tre minuti e mezzo per raccontare storie di carcerati e di inclusione sociale. Le riproduzioni di quadri dipinti da detenuti. Un dibattito tra addetti ai lavori e non sulla possibilità che ha l'arte di recupero sociale, di riflessione su se stessi, di comunicazione e apertura con l'esterno per le persone che sono ristrette in carcere.
    Se ne è parlato ieri all'hub culturale di Moby Dick alla Garbatella, dove si è tenuta la manifestazione CarcerArt, giornata di incontro e dibattito sulle attività in carcere organizzato dalla cooperativa Pid e da Nessuno tocchi Caino che ha visto protagonisti alcune associazioni tra le quali Antigone Lazio, Forum del Terzo settore, il garante dei detenuti per la Regione Lazio, Stefano Anastasia, gli artisti Paolo Bielli, Marina Haas, Elena Pinzuti e Laura Palmieri che nel 2015 hanno realizzato a Rebibbia il progetto "Il figliol prodigio", laboratorio di arte con i detenuti. Alle pareti le riproduzioni di alcune di queste opere hanno fatto da teatro al confronto su arte, carcere e creatività. A moderare il dibattito lo scrittore Fulvio Abbate. Con il video "Le storie sono tante", Ascanio Celestini per tre minuti e mezzo presta voce e faccia per narrare le vite di alcuni carcerati che sono riusciti a riscattarsi. "Ogni persona ha una storia. Ogni persona ha un nome". "Non ci occupiamo di numeri. Noi ci occupiamo di persone. Noi facciamo i nomi" sono le parole che scorrono prima dell'inizio del video. Conosciamo così la storia di Carla, 8 anni di carcere in Thailandia, ma ora è uscita ed ha una figlia. Poi c'è Paolo che ha preso la terza media a Regina Coeli. E, ancora, Ulian, bulgaro, in cella per droga, che ora gestisce un orto e alleva galline; Hope, nigeriana, che quando è entrata in prigione era incinta di sette mesi, e di Ahmed, rifugiato politico che è in attesa di ricevere la cittadinanza italiana. Insomma storie ordinarie di vita di persone che sono riuscite a ribaltare un destino che li voleva spacciati. I progetti culturali con i detenuti sono molto importanti, ha ricordato Elisabetta Zamparutti, presidente di Nessuno tocchi Caino, "l'arte - ha aggiunto - è una forma di liberazione e di contatto con se stessi. Ben vengano questi progetti in una realtà come quella del carcere che è sempre più chiusa e in una situazione disumana". (ANSA).
   

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