(ANSA) - ROMA, 5 APR - Nel 2018 ogni quindici ore un
amministratore pubblico ha subito un atto intimidatorio: un
fenomeno che ha coinvolto tutte le regioni italiane (tranne la
Valle d'Aosta), 84 province e 309 Comuni, in particolare nel
Meridione. E' quanto emerge dall'VIII rapporto 'Amministratori
sotto tiro' presentato questa mattina a Roma da 'Avviso
pubblico', l'associazione degli enti locali contro le mafie e
per la cultura della legalità. Lo scorso anno sono state infatti
574 le intimidazioni censite, in crescita rispetto al 2017
(537); nel 2011 erano 212: un aumento del 170 per cento. Il 66
per cento dei casi si è registrato al sud e nelle isole, il
restante nel centro-nord, con cifre in aumento. Le donne
minacciate sono state il 14 per cento del totale. La regione più
colpita è la Campania, seguita da Sicilia, Puglia, Calabria e
Sardegna; segue la Toscana, prima regione del centro-nord che ha
più che raddoppiato i casi del 2017 (40 contro 19); poi
Lombardia e Lazio. Nel mirino ci sono soprattutto sindaci e
personale della Pa (insieme fanno l'81 per cento), ma anche
candidati, amministratori di altri enti locali e anche ex
amministratori. La tipologia di intimidazione più comune è
l'incendio (19 per cento), seguita dall'aggressione fisica (in
aumento) e la minaccia verbale, di persona o telefonica. In
crescita le intimidazioni sui social network rispetto allo
scorso anno (dal 9 al 12 per cento). Gli amministratori
subiscono anche lettere minatorie, danneggiamenti, scritte
offensive, lettere con proiettili, ordigni, spari, fino al
macabro invio di parti di animali, 'firma' delle associazioni
mafiose. In generale nel Sud e nelle isole si intimidisce con
gesti plateali, come incendi e aggressioni; al centro-nord
invece si preferiscono lettere, messaggi e telefonate minatorie.
Il 45,5 per cento dei casi si è comunque verificato in centri
sotto i 20 mila abitanti. Atti intimidatori sono stati censiti
puoi in 45 Comuni sciolti per infiltrazione mafiosa: sono stati
68, il 12 per cento del totale. In aumento poi, come ormai da
tre anni, le intimidazioni che non hanno matrice 'mafiosa' ma
provengono da cittadini singoli o in gruppi. Costituiscono il
29,5 per cento del totale. Si tratta in particolare (35,5 per
cento) di espressioni di malcontento per una decisione
amministrativa sgradita, o di espressioni di disagio sociale
(richiesta di posto di lavoro). Spicca anche la violenza
politica da parte di gruppi estremisti, ma anche gli atti
collegati al tema dell'immigrazione e dell'accoglienza. Esistono
poi sedici Comuni che convivono da anni con intimidazioni,
censiti da Avviso Pubblico ogni anno negli ultimi tre anni:
Licata, Rosolini e Gela in Sicilia; Crosia in Calabria; Scanzano
Jonico in Basilicata; Carovigno e San Severo in Puglia; Lanciano
in Abruzzo; Anzio, Ardea e il Municipio di Ostia nel Lazio;
Cascina e Pontedera in Toscana; Faenza in Emilia-Romagna;
Ventimiglia in Liguria; Carmagnola in Piemonte. Licata,
Rosolini, Gela, Scanzano, Carovigno e Ostia erano comprese nel
rapporto anche nel 2015 (le ultime due anche nel 2014). Anche le
prime proiezioni del 2019 non sono incoraggianti: nel primo
trimestre di quest'anno si sono registrati già 154 casi, una
minaccia ogni 14 ore.(ANSA).
Sempre più sindaci nel minino mafie
In 2018 una minaccia ogni 15 ore, 2 su 3 nel Meridione, report