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Arte etrusca contemporanea, Marco Vallesi espone a Tarquinia

Apre i battenti oggi la mostra 'Ciò che è si vede'

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 08 SET - Apre i battenti oggi, all'auditorium di San Pancrazio, nel centro storico di Tarquinia, la mostra 'Ciò che è si vede' del ceramista Marco Vallesi che ha 'riscoperto' pietre vulcaniche ed essenze della Tuscia, forgiandole ad alte temperature, servendosi di forni ad elevatissimo calore, e facendole rinascere a nuova vita in forme suggestive e piene di rimandi all'arte etrusca senz'altro ma anche alle lezione surrealista e visionaria di Sebastian Matta, della cui 'bottega' - una 'fucina' per molti talenti della cittadina del viterbese, eletta a buen retiro dall' artista cileno - anche Vallesi ha respirato l'aria negli anni giovanili, e 'appreso'.
    L'esposizione, con buccheri e vasi reinterpretati, e oggetti misteriosi che invitano al contatto e trasudano magnetismo, è promossa dalla Società Tarquiniense d'Arte e Storia (Stas), con il sostegno del Ministero della Cultura, si inserisce nel contesto della biennale d'arte - intitolata a 'Luciano Marziano e Vasco Palombini', studiosi e cultori delle arti plastiche - che la Stas organizza per valorizzare la produzione ceramica locale, considerando che Tarquinia fa parte ed è nel circuito dell'Associazione Italiana delle Città della Ceramica.
    Le pietre, come il nenfro e il peperino, le sabbie, le argille - rintracciate da Vallesi, nel corso di una ricerca espressiva e 'naturalistica' intrapresa ormai da decenni e partita alla fine degli anni Settanta, con un percorso iniziato nel laboratorio tarquiniese di Giovanni Calandrini - formano nuovi e inusuali impasti, e smalti ceramici che lasciano stupiti per la loro forza comunicativa, frutto di grande fatica e della instancabile determinazione di Vallesi, nato a Tarquinia nel 1958, che imprime il suo slancio visionario alle materie prime ricombinate e plasmate in una seducente arte etrusca contemporanea.
    Correda l'esposizione 'Ciò che si vede è', anche una installazione in tre blocchi di pietra, collocata a Palazzo Vitelleschi, sede del museo Archeologico nazionale di Tarquinia, il secondo giacimento italiano di arte etrusca dopo Valle Giulia a Roma, grazie all'ospitalità offerta dalla Direzione del Parco archeologico di Cerveteri e Tarquinia. Per comporre questa opera litica, Vallesi si è servito di tre pietre diverse - tufo, nenfro, peperino - nelle quali ha inserito delle lastre in gres che riproducono gli intagli che si possono vedere nel museo in alcuni pannelli scolpiti con bassorilievi, e che probabilmente erano elementi decorativi collocati all'ingresso di monumenti funebri. Le lastre, inserite nei blocchi del trittico, sono state smaltate con lo stesso materiale scavato per ottenere le cavità dove alloggiano. I frammenti di risulta sono stati raccolti separatamente, roccia per roccia, setacciati e macinati, irrorati d'acqua e, quindi, usati per smaltare - all'insegna dell' eco-riutilizzo artistico degli elementi - e poi cotti a 1280 gradi centigradi dalla sapienza 'infornatrice' di Vallesi che si conferma maestro dei forni dal multiforme ingegno. (ANSA).
   

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