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Beni confiscati: don Ciotti, contributo a ripresa post Covid

Bilancio a 25 anni da Legge che completava la Rognoni-La Torre

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 03 GEN - Sono trascorsi venticinque anni dall'approvazione della legge n.109 del 7 marzo 1996 che andava a completare la Rognoni La Torre del 1982 sul versante della restituzione alla collettività dei beni tolti ai mafiosi.
    "Un'intuizione e un sogno che si realizzava a Palermo, in Sicilia e poi in tutta Italia, tenendo viva la memoria delle vittime innocenti della violenza criminale e mafiosa. Strumenti di prevenzione antimafia che i clan mafiosi hanno provato sempre ad ostacolare, perché hanno inferto un duro colpo al loro potere economico e di controllo del territorio, tentando azioni elusive, di condizionamenti fino ai danneggiamenti ed alcune volte alla distruzione dei beni stessi". Lo dice il presidente di Libera, don Luigi Ciotti, che oggi fa un bilancio sul riutilizzo sociale dei beni confiscati, evidenziando innanzitutto le positività di un percorso e di tante esperienze nate grazie alla presenza di beni, immobili, mobili e aziendali, sottratti alla disponibilità delle mafie, delle varie forme di criminalità economica e finanziaria (dal riciclaggio all'usura, dal caporalato alle ecomafie) e di corruzione.
    Beni che sono diventati opportunità di impegno responsabile per il bene comune. Più di 900 oggi sono le realtà dell'associazionismo e della cooperazione che hanno avuto in assegnazione beni immobili e aziendali confiscati e sono impegnate nella loro gestione per finalità di inclusione, di promozione cooperativa e di economia sociale, di aggregazione giovanile e servizi alle persone, di rigenerazione urbana e sostenibilità ambientale. Più di 1000 i Comuni a cui sono stati destinati i beni immobili confiscati in tutta Italia.
    "Ma il contributo che il sempre più vasto patrimonio dei beni mobili, immobili e aziendali sequestrati e confiscati alle mafie, alla criminalità economica e ai corrotti può apportare agli sforzi per assicurare una ripresa nel nostro Paese post pandemia - osserva don Ciotti - sarebbe sicuramente maggiore se tutti i beni fossero rapidamente restituiti alla collettività e le politiche sociali diventassero una priorità politica a sostegno dei diritti all'abitare, alla salute pubblica, alla sostenibilità ambientale, al lavoro dignitoso ed ai percorsi educativi e culturali. Da questo punto di vista, va nella giusta direzione l'inserimento della valorizzazione pubblica e sociale dei beni confiscati nei principali documenti di programmazione economica e di coesione territoriale" (Strategia nazionale approvata nel 2018, Piano per il Sud 2030, Accordo di partenariato per l'utilizzo dei fondi della coesione nazionali ed europei, bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza Next Generation Eu). (ANSA).
   

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