Istituzioni

Rabbino Di Segni in via S. Severino intitolata padre partigiano

A Mosè Di Segni, medico, Medaglia al Valore,dedicato anche libro

Redazione Ansa

(ANSA) - SAN SEVERINO MARCHE, 03 DIC - Una foto ricordo nella via, in frazione Serripola, intitolata al capostipite della famiglia, il dottor Mosè Di Segni. Così si è conclusa la visita del rabbino capo della comunità ebraica di Roma, Riccardo Di Segni, e dei fratelli Frida e Riccardo, cittadini onorari dal 2011, in occasione della cerimonia di consegna della Medaglia d'Oro al Merito Civile alla Città di San Severino Marche (Macerata). Nello scatto anche mons. Edoardo Menichelli, arcivescovo emerito di Ancona-Osimo, che con due dei fratelli Di Segni condivise lunghissimi giorni nel 1943.
    Mosè Di Segni, nato a Roma il primo gennaio 1903, figlio di Elia ed Allegra Benigno, dopo l'8 settembre di quell'anno venne costretto a rifugiarsi con la famiglia nella frazione di San Severino Marche. Qui si unì al Battaglione Mario contribuendo alla lotta di Liberazione ed esercitando la professione di medico nella divisione della V Brigata Garibaldi "Ancona".
    Ferito a Valdiola, terminata la guerra venne insignito della Medaglia d'Argento al Valore Militare prima di morire nel 1969.
    A lui è anche dedicato il libro, a cura di Luca Maria Cristini, "Mosè Di Segni medico partigiano. Memorie di un protagonista della Guerra di Liberazione", edito dalla Riserva naturale regionale del Monte San Vicino e del Monte Canfaito. E' della riproposizione di un memoriale molto importante per ricostruire le vicende di quel frammento di guerra partigiana e anche la storia della partecipazione ebraica alla Resistenza, una storia ancora poco conosciuta che solo recentemente è stata oggetto di ricerche e riflessioni da parte degli storici.
    A Serripola la famiglia Di Segni fu protetta e aiutata. Una rete di complicità consentì loro di sfuggire ai rastrellamenti fascisti e nazisti, nascondendosi dall'uno o dall'altro quando il pericolo si faceva imminente. Dall'inizio, la loro accoglienza fu facilitata dall'opera del parroco del luogo, che dal pulpito esortò i fedeli ad accogliere questi rifugiati senza far domande, senza chieder loro perché non frequentavano la chiesa. Di Segni si impegnò intensamente a curare, oltre ai partigiani, anche gli abitanti di Serripola, che lo ripagarono di affetto e riconoscenza, sentimenti di cui resta tuttora memoria. (ANSA).
   

Leggi l'articolo completo su ANSA.it