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Cresce business agromafie, vale 24,5 miliardi (+12,4%)

Coldiretti, +59% frodi a tavola, vino e carne i più colpiti

Redazione Ansa

Sale del 12,4% il business delle agromafie nel 2018, per un totale di 24,5 miliardi di euro. E' quanto emerge dal Rapporto Agromafie 2018 Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell'agroalimentare. Una rete criminale che incrocia la filiera del cibo, dalla produzione al trasporto, dalla distribuzione alla vendita. Il risultato sono la moltiplicazione dei prezzi per i consumatori, i danni di immagine per il Made in Italy e i rischi per la salute con 399 allarmi nel corso dell'anno.

Le organizzazioni criminali, evidenzia il Rapporto, hanno cambiato volto, abbandonando l'abito 'militare' per vestire il 'doppiopetto' e il 'colletto bianco'; questo per riuscire meglio a gestire il business di quello che il Rapporto definisce 'mafia 3.0'. Le nuove leve provengono dalle 'famiglie' che hanno indirizzato figli, nipoti e parenti a studi universitari e in parte sono il prodotto di un'operazione di arruolamento ben remunerato. Persone colte, preparate e plurilingue, con poteri criminali che si annidano nel percorso che frutta e verdura, carne e pesce, devono compiere per raggiungere le tavole degli italiani, passando per alcuni grandi mercati di scambio fino alla grande distribuzione. Ma la criminalità colpisce duro anche in campagna. Lo conferma l'impennata di furti di trattori, falciatrici e altri mezzi agricoli, gasolio, rame, prodotti (dai limoni alle nocciole, dall'olio al vino) e animali, con un ritorno dell'abigeato. A questo si aggiungono racket, usura, pascolo abusivo ed estorsione; nelle città invece, i tradizionali fruttivendoli e i fiorai sono quasi scomparsi, sostituiti da egiziani indiani e pakistani che controllano ormai gran parte delle rivendite sul territorio. "Le agromafie sono diventate molto più raffinate - afferma il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini - non vanno più combattute solo a livello militare ma contrastate a 360 gradi". Il presidente dell'Eurispes, Gian Maria Fara fa notare che "siamo di fronte a 'governance multilivello' sempre più interessate a sviluppare affari in collaborazione che non a combattersi; la prima necessità è aggiornare e potenziare l'attuale normativa in materia agroalimentare che è obsoleta e controproducente, una specie di riffa che premia con l'impunità chi commette gravi malefatte, mentre colpisce duro chi è responsabile di semplici bagatelle".

Aumentano del 59% le frodi e i reati nel piatto degli italiani nel 2018, con il vino e la carne i prodotti più colpiti. E' quanto afferma la Coldiretti, sulla base dei risultati degli oltre 54mila controlli effettuati dall'Ispettorato Centrale Repressione Frodi (Icqrf) lo scorso anno. I settori vittime di frodi sono il vino, con una crescita del 75% nelle notizie di reato, la carne con +101%, le conserve con +78% e lo zucchero, prodotto new entry dove si è passati da zero casi a 36. Nell'ultimo anno sono stati sequestrati 17,6 milioni di chili di alimenti di vario tipo per un valore di 34 milioni di euro. Più di 1 italiano su cinque (17%) è stato vittima di frodi alimentari nel 2018 con l'acquisto di cibi fasulli, avariati e alterati, secondo l'indagine Coldiretti, secondo la quale l'88% dei cittadini è preoccupato dell'idea che nei negozi siano venduti prodotti alimentari pericolosi per la salute. Sotto accusa sono soprattutto i cibi low cost, dietro ai quali spesso si nasconde l'uso di ingredienti di minore qualità o metodi di produzione alternativi, denuncia Coldiretti, ma possono a volte mascherare anche vere e proprie illegalità. Agricoltura e alimentare, segnala Coldiretti, sono considerate aree prioritarie di investimento dalla malavita perché del cibo, anche in tempo di crisi, nessuno può fare a meno.

Il ristorante parigino "Corleone" di Lucia Riina a Parigi, figlia del defunto boss è solo l'ultimo arrivato, ma nel mondo sono numerosi gli esempi di marketing legati alla mafia che impazzano anche sulla rete. E' quanto emerge dallo 'scaffale del mafia sounding'. Oltre al caso della catena di ristoranti spagnoli "La Mafia", in tutto il mondo si trovano ristoranti e pizzerie "Cosa Nostra" dal Messico a Sharm El Sheik, dal Minnesota alla Macedonia, mentre a Phuket in Thailandia c'è addirittura un servizio take-away. Passando ai prodotti alimentari, i nomi non cambiano. In Norvegia, ad esempio, segnala la Coldiretti, il sito della Tv pubblica il celebre cannolo siciliano presentato come "Mafiakaker eller cannoli", ossia "Il dolce della mafia, i cannoli". In Bulgaria si beve il caffè "Mafiozzo", in Uk si mangiano gli snack "Chilli Mafia", in Germania ci sono le spezie "Palermo Mafia shooting" o a Bruxelles la salsa "SauceMaffia". Il mafia stile impazza anche su internet, continua la Coldiretti, dove è possibile acquistare il libro di ricette "The mafia cookbook", comprare caramelle sul portale www.candymafia.com o ricevere i consigli di mamamafiosa (www.mamamafiosa.com); l'autrice del blog racconta di come ha gestito con il marito mafioso per anni un ristorante prima che il consorte venisse ucciso da un killer. "Lo sfruttamento di nomi che richiamano la mafia è un business che provoca un pesante danno di immagine al Made in Italy - afferma il presidente della Coldretti, Ettore Prandini - banalizzando fin quasi a normalizzare un fenomeno che ha portato dolore e lutti in tutto il Paese".

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