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Luciana, io cronista picchiata dal clan

'Racconto Napoli est, minacce e aggressioni non mi fermano'

Redazione Ansa

(di Laura Pirone) (ANSA) - NAPOLI, 29 APR - E' stata ascoltata in tribunale lo scorso 12 aprile, a "28 mesi dalle aggressioni che ho denunciato". Luciana Esposito, classe '84, è la direttrice del giornale online Napolitan.it, da lei stessa fondato nel 2014, aggredita due volte, per i suoi articoli, minacciata dalla camorra. "Ho reso la mia deposizione come persona offesa - racconta - Loro erano presenti, li ho rivisti per la prima volta in aula".
    Nell'ottobre del 2015, Luciana pubblica sul suo giornale un articolo sull'omicidio di una donna di camorra, Annunziata D'Amico, dell'omonimo clan. "Una persona che conosco mi rivelò informazioni e dettagli su quanto accaduto - ricorda - da lì sono cominciate prima le intimidazioni, poi le minacce, infine le aggressioni". Luciana è stata aggredita, la prima volta, nel novembre dello stesso anno, nel Parco Merola, a Ponticelli, dalla cognata della donna uccisa. L'aggressione successiva è del dicembre 2015. "Ero nel parco a fotografare il quarto murales che stavano realizzando nel parco - afferma - quando un uomo, anche lui denunciato, mi ha aggredita". Per ben due volte, dunque, è stata picchiata, l'ultima delle quali stava sfociando in sequestro di persona, per fortuna non riuscito. La prossima udienza del processo è fissata al 13 ottobre.
    "Solo nel corso della mia deposizione è stato noto il movente, che è legato a quello che ho scritto - sottolinea - I miei aggressori portano avanti la tesi del movente passionale.
    Per loro io avrei cercato in tutti i modi di 'turbare l'equilibrio familiare'".
    "Non avevo e non ho intenzione di smettere di raccontare quello che è il mio quartiere - dice - Nei giorni immediatamente successivi, non è stato facile, sono andata via da Napoli per motivi legati alla mia sicurezza, ma ho fatto ritorno". Mentre era lontana da Napoli, Luciana ha deciso di rivolgersi a Claudio Silvestri, segretario del Sindacato unitario dei Giornalisti della Campania, e al presidente della Federazione Nazionale della Stampa italiana, Giuseppe Giulietti, entrambi parte civile nel processo. "Il mio - spiega - è un caso che sottolinea l'importanza della scorta mediatica". Nessuna scorta armata, la diffidenza del quartiere, 'male lingue' "anche tra i colleghi che mi hanno definita 'la giornalista passa guai, da rivista'". Man mano Luciana si è ritrovata intorno la parte pulita, la maggioranza, del suo quartiere: "Allo stato attuale nei rioni della camorra ho una scorta civile, simbolo che c'è del buono. Non è scontato entrare in una piazza di spaccio e ritrovarti accanto persone che non ti lasciano sola".
    "La risposta di Ponticelli mi ha commossa, anche se il territorio l'ha capito tardi - prosegue - Mi hanno accusata di fare determinate cose per soldi e visibilità".
    "Il mio unico interesse - conclude - era ed è raccontare Ponticelli, fare una corretta informazione, riscattare il mio territorio e portare avanti iniziative in cui mi sento coinvolta".(ANSA).
   

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