Calabria

'Ndrangheta: confiscati beni ad un imprenditore del reggino

Disposta sorveglianza speciale 3 anni con obbligo di soggiorno

Redazione Ansa

(ANSA) - BOVA MARINA, 06 APR - Beni per un valore di oltre 900mila euro sono stati confiscati dalla Guardia di finanza a Leonardo Dellavilla, un imprenditore di Bova Marina operante nel settore della ristorazione. Il provvedimento è stato disposto dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Direzione distrettuale antimafia guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri.
    I giudici hanno disposto la sorveglianza speciale per l'imprenditore, di 47 anni, che è "indiziato di appartenenza chiara ed univoca - è scritto in una nota della Guardia di finanza - alla 'ndrina Vadalà di Bova Marina sebbene l'impianto probatorio non sia stato sufficiente a fondare la responsabilità penale".
    I finanzieri della Compagnia di Melito Porto Salvo hanno eseguito accertamenti anche attraverso l'analisi delle transazioni economico-finanziarie effettuate da Dellavilla negli ultimi 20 anni. Al termine delle indagini, la Procura sostiene di aver dimostrato la pericolosità sociale "qualificata" di Dellavilla nonché la sproporzione tra i suoi redditi dichiarati e il patrimonio effettivamente posseduto, anche mediante persone interposte.
    Tra i beni confiscati compaiono tre polizze assicurative per un valore di 300mila euro, un'auto, 12 fabbricati e 10 terreni tra Bova Marina e Reggio Calabria. Tutti i beni erano stati già sottoposti a sequestro preventivo nell'agosto 2020. Nei confronti di Dellavilla, inoltre, è stata disposta per tre anni la misura personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con l'obbligo di soggiorno nella cittadina jonica.
    Genero del boss Domenico Vadalà detto "Micu u lupu", l'imprenditore Leonardo Dellavilla è stato coinvolto nell'inchiesta "Mandamento Jonico" con l'accusa di associazione mafiosa. Al termine del processo di primo grado, celebrato con il rito abbreviato, nel 2019 è stato però assolto per non aver commesso il fatto così come era stato assolto nel 2009 anche nel processo "Bellu lavuru". (ANSA).
   

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