(di Cristiana Missori)
(ANSAmed) - PAESTUM (SALERNO), 31 OTT - Valorizzare, formare,
scambiare conoscenza. La cooperazione archeologica è strumento
di diplomazia. Sono 190 attualmente le missioni archeologiche
italiane all'estero sostenute dalla Farnesina. L'Italia è
presente con i suoi archeologi ed esperti della Cooperazione e
contribuisce alla preservazione del patrimonio culturale e
artistico di numerosi Paesi: dall'Iran alla Giordania, dalla
Tunisia alla Libia, dalla Turchia fino al Pakistan. Mancano però
i fondi per portare avanti progetti di scavo, recupero,
conservazione, valorizzazione e formazione, e serve un cambio di
mentalità.
E' quanto emerso oggi nel corso del seminario dedicato alle
missioni archeologiche italiane all'estero, organizzato
nell'ambito della seconda giornata della Borsa Mediterranea del
Turismo Archeologico di Paestum, giunta alla sua diciassettesima
edizione (fino al 2 novembre).
Cambiano le condizioni politiche e storiche di molti Paesi,
come quelli che nel 2011 hanno conosciuto i venti delle
cosiddette Primavere arabe. Cambiano le loro esigenze. Anche per
questo, le missioni archeologiche italiane devono cambiare
passo, sostengono gli esperti.
''No a una mentalità colonialista'', affermano. Quel che
serve è ''una maggiore attenzione alle richieste e alle esigenze
avanzate dai singoli Paesi'', come la Libia. ''Le missioni
archeologiche - sottolinea Luisa Musso, docente dell'Università
di Roma Tre - devono individuare le nuove urgenze''.
Su quali siano le priorità per la "nuova Libia", avverte la
ricercatrice, il Dipartimento Archeologico della Libia (Doa) è
stato molto chiaro: restauro conservativo più che apertura di
nuovi scavi; mappatura del patrimonio esistente, ma anche
inventariazione e classificazione, digitalizzazione del
patrimonio mobile, condivisine dei dati archivistici e storici,
scambi con la polizia internazionale per lottare al traffico
illecito di opere. Attualmente, ricorda Musso, le missioni
italiane sostenute dal Ministero per gli Affari esteri attive
nel Paese maghrebino sono 10.
Da Paestum archeologi ed esperti italiani responsabili di
alcune missioni dell'area Med e non soltanto, tirano dunque le
somme sullo stato dell'arte del loro lavoro, dicendosi convinti
che i tempi sono cambiati. ''L'archeologia fatta dagli italiani
- spiega - non riceverà trattamenti speciali. Nulla è da dare
per scontato. E i libici ci chiedono proprio questo''.
Dalla Libia alla Tunisia, dove dopo uno stop dovuto alla
caduta del regime di Ben Ali la missione italo-tunisina portata
avanti dall'Università di Macerata ad Althiburos, nel Nord-Ovest
del Paese, è ripresa proprio quest'anno. Anche in questo caso,
sottolinea Gilberto Montali dell'ateneo marchigiano, i rapporti
riprendono su basi nuove, ''imparando a rispettarci e conoscerci
di più''.
Da ultimo, un aspetto da non sottovalutare è quello
dell'indotto turistico generato dalla valorizzazione del
patrimonio locale, come ha voluto ricordare Massimo Riccardo,
direttore centrale per la Promozione del sistema Paese del
Ministero degli Affari esteri. ''L'Italia sostiene quasi
interamente ben 190 missioni archeologiche nel mondo, in aree
come il Giappone o gli Stati Uniti. Persone, idee, entusiasmo,
competenza acquisite e richieste all'estero dei ricercatori
italiani, mentre sono 83 gli Istituti italiani di cultura pronti
a valorizzare la cooperazione anche in campo archeologico''.
(ANSAmed).
Leggi l'articolo completo su ANSA.it
Archeologia:190 missioni italiane.Esperti,serve cambio passo
No ad approcci coloniali, dicono a Borsa Mediterranea di Paestum