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'Morà, Talmìd, Sèfer', studiare l'ebraico a Gaza

Hamas vieta legami con Israele, ma ci sono anche deroghe

Redazione Ansa

(di Sami al-Ajrami) (ANSAmed) - GAZA, 06 GIU - 'Mo-rà', maestra. 'Tal-mìd', allievo. 'Sé-fer', libro. 'Mah-bè-ret', quaderno. Nel pieno centro di Gaza - dietro ai banchi, dove viene mantenuta la separazione dei sessi - gli allievi seguono con attenzione la loro lezione di ebraico parlato, mentre su una lavagna la maestra li introduce ai primi elementi dell'idioma dei loro vicini israeliani.

L'iniziativa del 'Centro per lo studio e la istruzione' ha già raccolto un centinaio di iscrizioni e le lezioni si svolgono a tre livelli: principianti, conoscenza media e conoscenza avanzata. Ciascun corso, di due mesi e mezzo, costa fra 500 shekel (125 euro) e 700 shekel: una cifra di tutto rispetto, per la economia disastrata di Gaza. Eppure le classi messe a disposizione dal Centro sono piene.

Il fenomeno è tanto più sorprendente in quanto la legge imposta da Hamas vieta ai palestinesi di Gaza di intrattenere rapporti con gli israeliani. Chi in passato ne aveva, è stato costretto a romperli. Alla luce del divieto tassativo agli israeliani di entrare nella striscia di Gaza, per motivi di sicurezza, le probabilità che a Gaza City un palestinese si imbatta mai per strada in un israeliano sono molto scarse.

Tuttavia le lezioni di questo 'Centro' non sono vietate da Hamas. Nella sua stessa leadership diversi esponenti - fra cui il leader locale, Yihia Sinwar - si esprimono fluentemente in ebraico, avendolo imparato in anni di detenzione in carcere.

Anche se la regola generale è dunque contro ogni contatto fra la gente di Gaza ed Israele, Hamas autorizza alcune deroghe - per il bene supremo della popolazione - a categorie che includono uomini d'affari, commercianti, lo staff degli ospedali. Garantiscono servizi di importanza prioritaria e se per loro la conoscenza dell'ebraico facilita il lavoro, è l'intera comunità a guadagnarne. Ma il tema resta delicato e di fronte al giornalista gli intervistati preferiscono celare la propria identità.

Il 'sig. X' è un medico impiegato in un ospedale pubblico.

Accade talvolta che incontri esponenti israeliani della organizzazione 'Medici per i diritti umani'. Possono essere arabi, ma anche ebrei. "La capacità di esprimersi in ebraico - afferma - facilita i contatti". 'Nidal' lavora a Gaza per la ong per i diritti civili 'Bezelem'. Ha deciso di frequentare i corsi dopo aver accompagnato diverse volte in Israele il figlio, che necessita cure avanzate. Da qui la necessità di comprendere meglio l'ebraico, per meglio orizzontarsi in Israele. 'Amal' è impiegata da anni in un'agenzia di import-export. Anche lei ha contatti frequenti con israeliani e quando comincia a parlare ebraico sente che "il ghiaccio si rompe". Per i primi due livelli i programmi di ebraico sono di carattere funzionale: ossia legati alle necessità immediate degli allievi. Chi arriva al terzo livello viene introdotto anche nel mondo della cultura ebraica, della letteratura e della poesia. Più politico dei suoi compagni di studi, il 'sig. X' guarda intanto ad orizzonti più lontani. "In Israele - nota - vivono 9 milioni di persone, di cui 7 milioni sono ebrei. Adesso molti parlano di un futuro in cui vivremo tutti in un unico Stato bi-nazionale. Allora - conclude, prendendo in mano la sua grammatica ebraica - è meglio essere pronti fin d'ora".

(ANSAmed).

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