(di Lorenzo Trombetta)
(ANSAmed) - BEIRUT, 16 MAR - Il sergente libanese Hussam di
sera consegna pizze a domicilio a bordo del suo scooter alla
periferia di Beirut, dopo che al mattino ha fatto la guardia,
con indosso la divisa, agli ingressi di una delle caserme del
disastrato esercito del Libano, Paese afflitto da tre anni dalla
peggiore crisi finanziaria della sua storia.
Prima del crollo del valore della lira locale tra il 2019 e
il 2020, lo stipendio mensile del sergente Hussam corrispondeva
a più di 700 dollari. Oggi il suo salario vale poco più di 10
dollari. "Siamo costretti tutti a fare almeno due lavori per
andare avanti e dar da mangiare ai nostri figli", racconta
Hussam ad ANSAmed.
Altri parigrado del sergente libanese lavorano come tassisti,
altri ancora come guardie giurate. "Altri hanno lasciato
l'esercito e sono tornati a casa chiedendo ai capi bastone
locali di essere assunti come guardiaspalle".
Zero prospettive appaiono anche agli ufficiali, anche loro
falcidiati dal crollo della lira locale rispetto al dollaro:
"Sempre più spesso ricevo chiamate di colonnelli e persino di
generali che chiedono di essere assunti da noi", racconta, a
condizione di rimanere anonimo per la sensibilità
dell'argomento, un alto funzionario di un'agenzia dell'Onu
basato a Beirut.
"Lavorare per l'Onu è una delle ultime alternative rimaste
per libanesi qualificati che cercano stipendi in dollari",
continua il funzionario delle Nazioni Unite. La circostanza è
confermata da un dirigente di una compagnia straniera di
sicurezza privata europea presente nella capitale libanese:
"Riceviamo molti curriculum vitae da militari dell'esercito".
Di fronte al tentativo di fuggi fuggi dalle file delle forze
armate si presenta un altro scenario. In un Libano da decenni
governato da una cupola di oligarchi che si spartiscono
influenze e potere su base clientelare e confessionale, la
comunità internazionale considera l'esercito l'unica istituzione
"garante dell'unità del Paese".
Sin dai primi anni della guerra civile libanese (1975-90)
l'allora esercito libanese si era presto spaccato in fazioni
rivali, capeggiate da generali che avevano col tempo assunto il
ruolo di signori della guerra, sostenuti da quella o da
quell'altra potenza straniera.
Di fronte al timore del ripetersi di questo scenario e col
palesarsi della crisi più di tre anni fa, alcuni Paesi del Golfo
e occidentali hanno intensificato l'invio di aiuti alimentari,
logistici, finanziari alle forze armate di Beirut. Solo il Qatar
l'anno scorso ha inviato a Beirut 60 milioni di dollari da
distribuire a ufficiali e sottufficiali come stipendio mensile
una tantum di 60 e 100 dollari ciascuno.
"Solo una volta a fine mese ci ha chiamato il superiore per
dare a ciascuno di noi una busta con 80 dollari", racconta
Hussam.
"Poi non abbiamo più visto niente... sarà difficile
proseguire così", aggiunge il sergente-rider mentre riceve una
chiamata per consegnare una pizza ai funghi in un ufficio alla
periferia di Beirut. (ANSAmed).
Leggi l'articolo completo su ANSA.it
Libano, l'esercito perde i pezzi sotto i colpi della crisi
C'è chi consegna pizze a domicilio e chi cerca lavoro all'Onu