(ANSAmed) - ROMA, 13 FEB - Sono tante le iniziative dove il
calcio significa integrazione, ma è necessario lavorare perché
le norme siano maggiormente inclusive per i rifugiati e i
richiedenti asilo. Questo il principale tema emerso al convegno
"Europa, calcio e rifugiati" tenutosi a Roma e organizzato da
Uisp, Fare Network, Liberi Nantes con il patrocinio dell'Ufficio
nazionale antidiscriminazione razziale Unar. "Con questo evento
vogliamo fare il punto sul rapporto tra calcio e rifugiati, tema
importante e sensibile", spiega Raffaele Ieva, dirigente
dell'Unar. "Siamo in prima linea per promuovere iniziative che
valorizzino lo sport come forma di integrazione". Dal convegno
emerge che la strada da fare è lunga: "Il sistema di accoglienza
non fornisce risposte all'individuo, solo la sopravvivenza, e le
norme anche a livello dilettantistico non permettono che i
rifugiati possano essere tesserati per giocare", spiega Alberto
Urbinati di Liberi Nantes, parlando della omonima squadra che
milita nella terza categoria romana. "Saremmo tra i primi posti
per punti ma non possiamo essere inseriti in classifica".
I calciatori extracomunitari hanno bisogno di un certificato
internazionale di trasferimento, un permesso di soggiorno e un
certificato di residenza in Italia: requisiti che di fatto
mettono in difficoltà i richiedenti asilo che volessero
tesserarsi. I regolamenti prevedono delle eccezioni che tuttavia
richiedono tempo per il riconoscimento e l'eventuale
tesseramento. "Le regole servono", specifica Urbinati, "non
siamo contro nessuno, ma siamo qui per chiedere di aprire le
porte al gioco, perché tutti hanno diritto di giocare". Le
istituzioni sono alla ricerca di una soluzione: "Credo che tutti
dovrebbero avere diritto di giocare a calcio. Bisogna aprire le
porte per contribuire al tesseramento", commenta Patrick Casser
dell'Uefa. Il deputato del Partito democratico Filippo Fossati
sottolinea che "attraverso lo sport si fanno miracoli
sull'integrazione. Ci vorrebbe più coraggio da parte del
governo, soprattutto in tema di diritti all'avviamento allo
sport".
Al convegno è intervenuta anche la campionessa olimpica Fiona
May, membro della commissione per l'integrazione della Figc:
"Alle olimpiadi lo sport è per tutti, non c'è nessuna differenza
se non quella delle medaglie. Portare questa mentalità nel
calcio è difficile. Ogni Paese che fa parte dell'Uefa è diverso,
ma i rifugiati sono uguali agli altri sportivi, è una questione
di mentalità. In Figc stiamo facendo qualcosa, ma sappiamo di
dover fare di più", commenta.(ANSAmed).
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Migranti: norme su calcio siano più inclusive per rifugiati
Il convegno "Europa, calcio e rifugiati" a Roma